Patti territoriali per l'età adulta: verso un nuovo contratto sociale per l’educazione permanente


Negli ultimi anni, il tema dell’apprendimento permanente è diventato sempre più centrale nel dibattito educativo europeo e nazionale. Ma mentre le strategie di formazione continua sono ampiamente discusse, la loro concreta attuazione resta spesso frammentata.
In questo contesto si è inserito il workshop "Patti educativi per l’età adulta: alleanze innovative per un apprendimento permanente inclusivo", tenutosi a Firenze durante l’11ª edizione della Fiera Didacta.
L’incontro ha visto la partecipazione di esperti del settore, amministratori locali e rappresentanti delle istituzioni educative, con l’obiettivo di sviluppare un sistema educativo più accessibile, equo e strutturato per la popolazione adulta.
Il contesto e le urgenze
Lorenza Venturi, responsabile per il settore educazione degli adulti del Programma Erasmus+, ha aperto il workshop con una riflessione sulla povertà educativa degli adulti, un fenomeno troppo spesso trascurato nel discorso pubblico e politico. Sottolinea come i dati OCSE-PISA rivelino che il 35% degli adulti italiani tra i 16 e i 65 anni non possieda competenze di base sufficienti. Questo dato non solo testimonia un fallimento sistemico, ma ha ricadute dirette anche sulla dispersione scolastica dei giovani, poiché l’istruzione dei genitori influenza fortemente le scelte educative dei figli.
È necessario che l’apprendimento permanente diventi parte integrante di un nuovo "contratto sociale per l’educazione", una cornice entro cui la scuola, le istituzioni e il territorio collaborino stabilmente.
Il valore dell’alleanza educativa
Paolo Sciclone (Edaforum) ha approfondito il ruolo innovativo dei Patti Educativi di Comunità, introdotti nel 2020 come strumento di co-progettazione tra scuole, enti locali, università e terzo settore. Pur nati in risposta alla crisi pandemica, questi Patti si stanno rivelando una risorsa fondamentale per ricostruire un tessuto educativo inclusivo, capace di coinvolgere anche la popolazione adulta.
Il suo intervento ha evidenziato l’importanza della coesione territoriale e del protagonismo delle comunità locali. I Patti, pertanto, non devono essere solo strumenti di risposta all’emergenza, ma motori di cambiamento permanente.
Osservare per trasformare
La ricercatrice Stefania Chipa, in rappresentanza di INDIRE, ha presentato l’importante lavoro svolto dall’Osservatorio Nazionale sui Patti Educativi, nato nel 2021 grazie alla collaborazione con Labsus – Laboratorio per la Sussidiarietà. Questo Osservatorio si propone di monitorare e valorizzare le esperienze educative attivate sui territori, raccogliendo e analizzando dati per restituire una fotografia aggiornata e articolata dei Patti Educativi in Italia. Ad oggi, sono stati censiti 160 Patti all’interno del database INDIRE, ma l’obiettivo dichiarato è quello di ampliare costantemente questa mappatura dinamica, rendendola uno strumento vivo a servizio della comunità educante.
L’obiettivo dell’Osservatorio è duplice: monitorare l’evoluzione dei Patti su scala nazionale e accompagnare le realtà locali nello sviluppo di alleanze educative efficaci e sostenibili.
Chipa ha sottolineato come i Patti rappresentino uno strumento cruciale per la costruzione di una cittadinanza attiva. In particolare, mette in luce il ruolo dei CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti), veri e propri presidi territoriali per la formazione continua.
Educazione come bene comune
Proseguendo l'analisi, Giuseppina Rita Jose Mangione ha approfondito il valore dell’educazione intesa come bene comune, sottolineando la necessità di superare la visione tradizionale della scuola come luogo isolato e autoreferenziale. Secondo la ricercatrice, i Patti Educativi dovrebbero promuovere un’idea di educazione diffusa, aperta e accessibile, che abiti anche spazi non convenzionali come musei, biblioteche e luoghi pubblici, diventando così parte viva del tessuto culturale e sociale della comunità.
L’esperienza italiana dei Patti Educativi è stata riconosciuta dall’UNESCO come esperienza pilota per la realizzazione di un “Contratto Sociale per l’Educazione”, ovvero un modello di cooperazione tra scuola e territorio.
Il ruolo imprescindibile del Terzo Settore
Fabrizio Dacrema, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, ha richiamato l’attenzione su una fragilità spesso trascurata: la povertà educativa degli adulti, un’urgenza rimasta troppo a lungo ai margini del dibattito pubblico. In questo contesto, il Terzo Settore si rivela un alleato insostituibile: con la sua presenza diffusa e il legame profondo con le comunità, è in grado di tessere reti educative vive, inclusive e radicate nei bisogni reali delle persone.
Le sue parole tracciano con chiarezza una visione di lungo periodo e di riforma profonda: bisogna estendere i Patti Educativi agli adulti, rafforzare i CPIA, utilizzare fondi europei e PNRR in modo mirato, e avviare campagne di comunicazione che restituiscano agli adulti il diritto di apprendere lungo tutto l’arco della vita. Solo così si potrà costruire una democrazia più solida e resiliente.
CPIA in Italia: i numeri parlano chiaro
Emilio Porcaro, presidente di RIDAP, porta al tavolo una fotografia aggiornata dei CPIA in Italia: su 130 centri, 120 hanno risposto al monitoraggio. Di questi, solo 26 hanno sottoscritto Patti Educativi. Inoltre, l’87% dell’utenza è composta da persone di origine straniera. La partecipazione degli adulti italiani resta marginale.
Porcaro evidenzia come il sistema dei CPIA, nato nel 2014, sia ancora poco integrato nel tessuto educativo territoriale. I centri lavorano spesso in solitudine, mancano risorse, coordinamento e visibilità. Eppure, secondo Porcaro, i CPIA potrebbero essere “hub educativi” se inseriti in reti solide, in grado di valorizzare anche le competenze informali.
Dalla frammentazione alla co-progettazione
Luca De Luca Picione, in rappresentanza di RUIAP, ha evidenziato con chiarezza la necessità di superare interventi scollegati e frammentari per costruire un sistema organico e integrato di apprendimento permanente. La povertà educativa degli adulti, ha ricordato, non è solo un’emergenza spesso ignorata, ma un fattore cruciale che incide profondamente sul contesto familiare e sulla possibilità stessa di emancipazione sociale.
Nel suo intervento, Piccione ha ribadito che i Patti Educativi di Comunità, nati per contrastare la dispersione scolastica dei più giovani, devono oggi essere ripensati ed estesi anche alla popolazione adulta, all’interno di una visione più ampia, capace di radicarsi nei territori e di generare reale inclusione.
Ha lanciato un appello deciso: serve una cabina di regia nazionale, reti territoriali solide, alleanze strategiche tra scuole, CPIA, enti locali, biblioteche, associazioni e centri culturali. Ma soprattutto, serve un cambiamento culturale profondo: l’educazione degli adulti non può essere vista come un semplice intervento riparativo, bensì come un diritto di cittadinanza piena e attiva.
Picione ha inoltre sottolineato l’importanza di un’educazione diffusa, capace di andare oltre i confini scolastici e di abitare ogni spazio della vita quotidiana. Affinché ciò avvenga, è essenziale formare gli attori coinvolti a lavorare in rete, con strumenti comuni e un linguaggio inclusivo.
A conclusione, ha auspicato che le tante esperienze virtuose locali vengano riconosciute, monitorate e valorizzate, per poter diventare modelli replicabili su scala nazionale.
La scuola che accoglie l’esperienza: coraggio educativo contro la dispersione
Nel suo intervento, Beppe Bagni – docente e rappresentante della rete EducAzioni – ha richiamato con forza la necessità di una scuola capace di aprirsi al territorio e di riconoscere il valore dei saperi informali e delle esperienze vissute dagli studenti.
Ha criticato la tendenza di alcune scuole a “riparare” la dispersione con attività pomeridiane, senza mettere in discussione la didattica mattutina, dove spesso nasce il vero disagio. Secondo Bagni, è fondamentale trasformare il modo stesso di fare scuola, rinnovando linguaggi, metodi e relazioni.
Centrale nel suo discorso è l’idea che l’apprendimento deve partire dalla vita reale: portare in classe esperienze concrete – come una visita a una fabbrica o un’attività in un museo – può generare conoscenza autentica, motivazione e senso di appartenenza.
Infine, ha lanciato un appello a superare l’idea di “alternanza scuola-lavoro” in favore di un’alleanza formativa reale, dove scuola, famiglie e territorio collaborano alla pari per costruire una comunità educante.
La sua conclusione è chiara. Senza dare cittadinanza all’esperienza, la scuola rischia di perdere la sua missione più profonda: formare persone libere, consapevoli e partecipi.
Esperienze sul territorio
Due progetti territoriali sono stati presentati come esempi di buone pratiche nel campo dell’educazione permanente.
Campi Bisenzio (FI) – Un museo che educa: il patto tra Comune e CPIA
Lorenzo Bongini, dirigente del CPIA 1 Firenze, e Federica Petti, assessora del Comune di Campi Bisenzio, raccontano un’esperienza esemplare di collaborazione tra istituzioni. Il Comune ha infatti siglato un Patto Educativo di Comunità con il CPIA locale, con l’obiettivo di trasformare il Museo Archeologico di Gonfienti in un luogo di apprendimento attivo per adulti.
Protagonisti del progetto sono alcuni studenti di origine straniera, coinvolti in un percorso di service learning che li vede formarsi come guide museali per le comunità di appartenenza. Un’iniziativa che unisce inclusione, formazione linguistica e valorizzazione del patrimonio, aprendo la cultura locale al dialogo interculturale e facendo del museo uno spazio di partecipazione e cittadinanza.
Casentino (AR) – Un patto che custodisce memoria e futuro
Andrea Rossi racconta l’esperienza del Casentino, dove, nell’ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), è stato attivato un Patto Educativo Territoriale fondato sull’idea di “patrimonio educante”. Al centro del progetto vi è un modello di coinvolgimento intergenerazionale, in cui le comunità locali si fanno protagoniste nella trasmissione viva dei saperi culturali e artigianali tradizionali. Un percorso che unisce generazioni, rafforza i legami sociali e valorizza l’identità del territorio, trasformando il passato in risorsa per costruire il futuro.
Entrambi i progetti hanno dimostrano come i patti educativi possano diventare strumenti efficaci per superare l’esclusione sociale e creare nuove opportunità di crescita personale e professionale
Conclusioni: un'educazione che genera benessere
Chiude l’incontro Flavia Virgilio con parole forti e ispirate: l’educazione permanente non deve essere solo una risposta alle carenze del sistema scolastico, ma un volano per la crescita delle comunità. I CPIA e gli enti locali, da lei definiti “antenne pubbliche”, devono essere valorizzati e rafforzati.
Virgilio invita a superare l’approccio emergenziale e paternalistico: l’educazione degli adulti non è beneficenza, ma investimento strategico. Solo riconoscendo la pluralità delle “cittadinanze culturali” e valorizzando le esperienze del territorio si può costruire una scuola realmente inclusiva.
La scuola del futuro non sarà più solo un edificio, ma una rete diffusa di luoghi, relazioni e saperi. Un’alleanza vera tra istituzioni, territori e persone. Un patto, finalmente, per tutti.
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