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Intervista a Stéphane Godin, ideatore di Braille RAP, una goffratrice braille open source

La storia di una macchina, ma non solo...

Nel 2018, Stéphane Godin sta approfittando di un periodo di incertezza professionale per mettere le sue competenze tecniche al servizio di My Human Kit, un fab lab con sede a Rennes dove persone normodotate e disabili utilizzano la tecnologia per progettare oggetti che facilitino la vita quotidiana delle persone disabili. Si trattava, per esempio, di protesi bionicheallarmi antincendio visivi... o goffratrici Braille.

Stéphane Godin è un “nerd” e quando si parla con lui ci si rende subito conto della sua passione per le sottigliezze tecnologiche. Ma il suo interesse per la tecnologia in sé sembra, in realtà, relativo. Addirittura, ne è quasi stizzito…: “Ho sempre pensato che, mentre si spendono molte energie per creare macchine che vanno sempre più veloci, software che apportano guadagni sempre maggiori... intorno alla disabilità, malgrado le grandi potenzialità delle tecnologie digitali, ci sia come uno stallo del progresso”. Presso lo Human Lab, Stéphane partecipa alla prototipazione di diverse macchine. Diversi volontari armeggiano su stampanti 3D per farle diventare delle stampanti Braille... Funziona, ma non sono del tutto affidabili e soddisfacenti. In collaborazione con Philippe Pacotte, un altro volontario del fab lab, arriva la proposta di progettare un prototipo di goffratrice Braille open source. “I volontari del lab si sono messi a ridere. Un mese dopo hanno potuto utilizzare la goffratrice”. Si tratta della Braille RAP.

Stéphane Godin e io abbiamo discusso su diversi temi quali le esigenze dei non vedenti, le tecnologie open source, i legami sociali e la cooperazione, sia locale che internazionale. È evidente come non si tratti di una semplice macchina !

Come è nato il progetto BrailleRAP ?

Stéphane Godin: Il progetto è nato nel fab lab My Human Kit di Rennes dedicato alla progettazione di nuove tecnologie per disabili. Diciamo che, professionalmente parlando, nel 2018, ho avuto del tempo libero quindi ho fatto un bel po' di volontariato presso My Human Kit e ho partecipato alla prototipazione di diversi progetti. E al My Human Kit erano già in corso dei tentativi di approccio al Braille.  Di fatto, si trattava sempre di macchine trasformate, ad esempio stampanti 3D modificate per la stampa in Braille o MCN dotate di strumenti particolari. Ha funzionato bene, nel senso che abbiamo ottenuto un Braille stampato, cioè una matrice di punti in rilievo su carta. Però, ci sono volute due ore di armeggi per farla funzionare, quindici tentativi, con una media di successo di una volta su due... Così con un collega, Philippe Pacotte, ci siamo detti "se vogliamo scrivere in Braille, bisogna creare una macchina che faccia solo questo, ma che lo faccia bene". Tutti si sono messi a ridere. Un mese dopo avevano la macchina a disposizione. 

Ecco, dunque, l’inizio. Perché, nel complesso, la goffratrice non è molto più complicata rispetto a una stampante 3D, per esempio, o a una taglierina laser. Si tratta di una macchina a controllo numerico con uno strumento in grado di deformare la carta per creare i puntini.

Una volta assemblata, abbiamo iniziato a farne vedere il funzionamento, in particolare agli insegnanti di Braille, che ci dicevano: “ne viene fuori un Braille impeccabile, non fermatevi!” È per questa ragione che esiste ancora oggi, con i suoi alti e bassi, perché trattandosi di un progetto open source, non ha ricevuto particolari finanziamenti. Il COVID è stato un periodo piuttosto complicato, ma ora stiamo iniziando a suscitare l'interesse delle associazioni di non vedenti, che cominciano a rendersi conto che l'open source può offrire soluzioni per l'indipendenza quotidiana: si inizia a realizzare che un simile strumento permette di confrontarsi con tutta una serie di questioni interessanti da risolvere, soprattutto perché di fatto, malgrado si voglia far credere il contrario, lo stato della produzione e l'insegnamento del Braille non è del tutto ideale. 

Perché non è ideale, secondo lei ?

Stéphane Godin: Concretamente, il primo problema è il Braille stesso.  Nella popolazione generale, tutti pensano che il Braille sia la soluzione per i non vedenti. Quando, invece, in Europa, la maggior parte delle persone diventa cieca o ipovedente con l'età. Si tratta quindi di persone che non hanno mai imparato il Braille. Complessivamente, è utilizzato dal 10% dei non vedenti. D'altro canto, per i bambini e gli adolescenti, il Braille rappresenta l’accesso alla lettura e alla scrittura, e quindi all'istruzione. In assenza di un modo per produrlo e insegnarlo, si finisce per avere bambini che non possono più andare a scuola.

E per l’appunto, nel campo della disabilità, l'open source risulta particolarmente interessante perché vi sono macchine piuttosto semplici ma molto onerose...

Stéphane Godin: Sì, una goffratrice Braille è molto dispendiosa [circa 4000-5000 euro]. Inoltre, bisogna ammettere che non si tratta di un mercato che richiede enormi volumi. Un telefono cellulare ha un valore ragionevolmente basso rispetto all'elettronica che contiene, ma è economico perché ce ne sono miliardi. Le goffratrici Braille non rappresentano un mercato enorme. Secondo la mia indagine, i sistemi commercializzati sono sicuramente delle stampanti per chi è specializzato nel settore, ovvero attività che hanno bisogno di stampare 2.000 pagine a settimana. La nicchia della stampante personale, quindi, o la piccola associazione, oppure chi ha bisogno di stampare poche pagine a settimana, non è coperta.

Come siete riusciti a far conoscere la vostra macchina, in particolare alle associazioni di non vedenti ?

Stéphane Godin: Nel 2022, siamo stati contattati da un'associazione del Camerun, l'ANIAAC (Association Nationale pour l'Intégration et l'Accommodation des Aveugles), che, durante una visita a Bruxelles, si era imbattuta sul prototipo di Braille RAP e voleva vedere come potevamo aiutarli a produrre e installare i primi Braille RAP nel Paese. Siamo riusciti a finanziare un'operazione di un mese in Camerun, dove abbiamo costruito sei macchine in quattro diverse città, con atelier dedicati nei fab lab, nelle scuole, presso l’École normale... Questo ci ha permesso di scoprire la situazione del Braille nei Paesi del Sud del mondo, una situazione che non è affatto uguale a quella dell'Europa, soprattutto perché in questi Paesi la gente ha un bisogno critico di poter disporre di apparecchiature che funzionino, che possano essere riparate e ricevere la corretta manutenzione, perché c'è anche un insieme di patologie che colpiscono le persone non vedenti, a volte molto giovani. Questa operazione ha allargato un po’ il perimetro del progetto e ci ha anche permesso di capire che sussistevano ancora delle esigenze senza risposta [nel progetto di allora], in particolare in termini di software. Ad esempio, abbiamo individuato la necessità di un software facile da usare, accessibile e in grado di goffrare in altre lingue diverse dal francese, perché il Braille è diverso in ogni lingua del mondo. Questo ci ha permesso di far evolvere il progetto e di ottenere qualcosa di più aperto. Ed è così che abbiamo ottenuto l'interesse delle associazioni per non vedenti.

È un po' una reverse innovation nel senso che avete sviluppato lo strumento con i partner camerunesi prima che in Francia ci si accorgesse di voi...

Stéphane Godin: Sì, in un certo senso è così... Ero convinto che in Francia, le associazioni per non vedenti possedessero delle goffratrici, che il Ministero dell’Istruzione nazionale avesse dei mezzi di stampa in Braille.  In generale, sì, è vero: se si vogliono produrre documenti in Braille in Francia, cercando bene, lo si può fare... nelle grandi città. Però, se sei un non vedente e vivi in una zona rurale, per esempio, la cosa si complica. È quello che ho avuto modo di constatare. 

Nel 2023, ho presentato il progetto a un concorso internazionale chiamato Hackaday Prize . Si tratta di un concorso per creatori di progetti Open Source. E Braille RAP ha vinto il quinto premio. Un premio internazionale, dunque, assegnato da americani a Los Angeles, che ha fatto un po' di scalpore. Dopo la nostra partecipazione, per dirne una, siamo stati contattati da una famiglia che vive nei pressi di Montauban, nel sud-ovest della Francia, con un bambino non vedente scolarizzato.  Il bambino frequenta la scuola del suo comune, quindi non c'è alcun problema: tutti i testi preparati in anticipo, li ha a disposizione in Braille. Ma ammettiamo che ne venga fuori uno all’ultimo momento, no, non vi ha accesso.  Per poter imparare il Braille, segue delle lezioni, va all’INJA (ndt: Institut National des Jeunes Aveugles) di Tolosa, che dista più di un'ora di macchina. Ciò significa che i genitori devono organizzarsi per portarlo a Tolosa due volte alla settimana e che almeno uno dei due non lavora a tempo pieno... Ci hanno chiesto dove potevano trovare una Braille RAP ma, dato che si tratta di un progetto open source, la macchina non è di fatto commercializzata. Alla fine, ci siamo offerti di realizzarne appositamente una per loro nell'ambito di un atelier che stavamo organizzando in un  fab lab in Bretagna. In questo modo abbiamo potuto sperimentare lo strumento in collaborazione con questa famiglia. E stiamo iniziando a vedere i risultati... La Braille RAP viene utilizzata quasi ogni giorno, per produrre documenti, etichette o per esercitarsi...

Oggi, sul vostro sito, è possibile trovare tutta la documentazione relativa alla Braille RAP. Quindi un privato o un'organizzazione che vuole costruire o installare il vostro dispositivo ha tutte le informazioni necessarie per farlo ?

Stéphane Godin: Sì, abbiamo avuto dei casi di persone che hanno costruito la propria Braille RAP a partire da questa documentazione... Saranno circa una ventina. È capitato che mi contattassero per risolvere un problema o farmi qualche domanda. Ma a volte mi imbatto in video su YouTube di persone che, invece, ce l’hanno fatta da sole. 

 

Avete anche sviluppato un software per il funzionamento del dispositivo, anch'esso in open source ?

Stéphane Godin: Sì, anche il software è open source... È stata una vera impresa! Il Braille è fondamentalmente un alfabeto, quindi è facile da tradurre, ma poi ci sono tutta una serie di sottigliezze che sono un po' più complesse. Il primo software che abbiamo creato per provare la macchina faceva la trascrizione Braille, ma non era molto efficace. Abbiamo utilizzato un altro software, NetBraille, finanziato dal Ministero dell'Istruzione francese, che consente di trascrivere il Braille in francese. Avevo realizzato un driver per Braille RAP, che permetteva di trascrivere il Braille in francese e di stamparlo direttamente.

Poi, tra le problematiche derivanti dagli sviluppi tecnici di alcuni linguaggi di programmazione, la configurazione di alcuni computer e il fatto che avevo scoperto una libreria [di codici informatici], ci siamo detti che era il caso di creare un software. Questa libreria, chiamata LibLouis, è una libreria open source molto vecchia... Le prime versioni risalgono al 1995... Malgrado si tratti di un progetto Linux molto, molto datato, essendo un open source, contiene 200 standard Braille. Ci sono il francese, lo spagnolo, il tedesco, l’italiano e l’inglese, ma vi si trovano anche il cinese, il swahili, la lingua zulu... Contiene, dunque, molte lingue perché ci sono persone che si sono occupate dell'argomento e hanno dato il contributo necessario per poterle tradurre. Così l'ho integrato in un software che permette di tradurre un testo e lo trasforma in istruzioni per la macchina, per andare a posizionare correttamente i punti e, poi, stampare in Braille.

Quindi oggi è facile costruire una Braille RAP per scrivere in Braille in spagnolo, ad esempio?

Stéphane Godin: Sì. In ogni caso, è alla portata di un appassionato di bricolage. Alla fine, c'è una piccola sezione di elettronica/programmazione, in cui è necessario conoscere un po' l'uso di Arduino [microprocessore]. Ma alcuni utenti riescono in autonomia.

È a conoscenza di progetti educativi sviluppati intorno alla costruzione della goffratrice ?

Stéphane Godin: Allora... Progetti veri e propri, no. Sto cercando di finanziarne alcuni, molti dei quali nel Sud del mondo, perché la situazione non è la stessa e una goffratrice Braille da 4.000-5.000 euro non è esattamente alla portata di una scuola in Africa. Sto cercando di fare in modo che questi progetti si posizionino al confine tra i fab lab, in termini di competenze tecniche, e le associazioni per non vedenti, che sono gli utenti, perché è quando si mescolano i due pubblici che le cose funzionano bene. Perché fare una macchina per il gusto di farla è un po' limitato se non ci sono gli utenti, e gli utenti hanno difficoltà a padroneggiare gli aspetti tecnici della costruzione vera e propria e le impostazioni che ci sono dietro. È positivo che ciò avvenga in collaborazione, anche se non è sempre la cosa più facile da fare, perché a volte ci troviamo di fronte a una sorta di concorrenza per i potenziali finanziamenti, ad esempio. Quindi l’obiettivo diventa quello di riuscire a collaborare sui progetti, e non è una cosa che viene del tutto naturale. Dopodiché, l'aspetto positivo di questo tipo di progetto è che evidenzia il fatto che lavorare insieme può portare a nuovi sviluppi.

Questo è anche uno dei vantaggi dell'open source che, al di là degli aspetti tecnici, permette di pensare a queste forme di cooperazione...

Stéphane Godin: Ecco, sì.  Ed è ciò che amo di più del progetto stesso: il fatto che coinvolga un gran numero di dimensioni. A parte lo scopo della macchina, che è quello di produrre documenti per i non vedenti, si tratta di una macchina a controllo numerico... quindi nel contesto di una formazione, come può essere un diploma professionale o un cursus nel settore dell’ingegneria... l’essere in grado di assemblare una macchina di questo tipo si rivela un valido esercizio.

Trattandosi di open source, sono messe a disposizione tutte le istruzioni di montaggio e riparazione. Per tornare alla situazione che ho scoperto in Africa, il problema non è avere macchine per la goffratura, le hanno perché ci sono progetti internazionali che ne hanno finanziate, anche di molto costose, ed è grazie a questi progetti che abbiamo potuto installarne nella capitale. Dopo l’installazione, però, nessuno è rimasto sul posto. I pezzi di ricambio non sono disponibili e non vi è personale che possa occuparsi della manutenzione. Dunque, in caso di guasto, la macchina non è più utilizzabile. 

La scelta dell'open source vi è venuta in maniera abbastanza naturale ?

Stéphane Godin: È una scelta fatta in modo del tutto naturale perché faceva parte dell’orientamento stesso di My Human Kit... È un progetto nato in fab lab e, di fatto, questa è la filosofia alla base. I progetti dei Fab Lab sono di per sé open source. E stiamo comunque facendo leva su elementi open source già esistenti...  c'è un software sviluppato a partire dalle stampanti 3D, ci sono progetti meccanici anch'essi sviluppati a partire dalle stampanti 3D.… è logico che rispettiamo le licenze di ciò che abbiamo usato.

A cosa state lavorando attualmente per Braille RAP ?

Stéphane Godin: L'anno scorso abbiamo completato un software ad oggi accessibile che abbiamo testato con persone non vedenti e che consente di trascrivere un documento in Braille, dunque di digitare il testo o aprire un documento Word o OpenOffice (non funziona con i PDF), trascriverlo in Braille e stamparlo direttamente.

Recentemente abbiamo rilasciato un software che consente di rappresentare i grafici sotto forma di punti. Si tratta quindi della stessa tecnologia del Braille, ma realizzando una serie di punti su un foglio di carta, è possibile produrre disegni in rilievo. Possono essere utilizzati per illustrare le forme degli animali, le carte geografiche, gli esercizi di geometria e così via, e per rendere tangibili tutta una serie di concetti difficili da trasmettere attraverso il testo.

Abbiamo appena ricevuto un finanziamento da una fondazione olandese per sviluppare un software, che sarà disponibile su Windows e Linux, che ci permetterà di creare layout di pagina, un misto di Braille e grafica vettoriale, in modo da poter creare in Braille carte geografiche, esercizi di matematica, piantine di edifici, etc. L'idea è anche quella di lavorare su estensioni del software che consentano agli utenti di recuperare dati da OpenStreetMap e di trascriverli direttamente in una versione tattile.

Di recente ho rilasciato il prototipo della versione A3. Di base, il Braille RAP produce e lavora su formato A4 e funziona molto bene. D'altra parte, quando si tratta di “pianificare”, avere un foglio di carta un po' più grande significa potervi inserire più cose. Soprattutto perché il Braille occupa molto spazio. Per realizzare una mappa dei trasporti, per esempio, è di certo più comodo. 

Parla molto di rappresentazioni grafiche, piantine, etc... Anche in questo caso si tratta di una necessità che non si limita, dunque, alla mera scrittura ?

Stéphane Godin: La necessità, di fatto, risiede nell'inclusione e nella responsabilizzazione delle persone con disabilità visiva. Lavorando con le associazioni dedicate, ci rendiamo conto che ci sono alcuni bisogni fondamentali, come l'accesso a una mappa dei trasporti. Ciò solleva due questioni: in primo luogo, come renderla accessibile e, in secondo luogo, come garantire che sia distribuita in modo sufficientemente ampio da permettere alle persone di trarne beneficio?

E continua ad animare personalmente gli atelier sulla goffratrice ?

Stéphane Godin: Sì, è anche questo che mi piace di questo progetto, oltre alla dimensione tecnica che è più legata ai miei interessi professionali. Cerco di organizzare workshop nei Paesi in via di sviluppo (Senegal, RDC, ecc.) e in Francia (Francia continentale, Isola della Riunione, ecc.).

Per il momento resisto all'idea di commercializzare la macchina, cosa che mi viene regolarmente richiesta. Resisto per due motivi. Personalmente, non voglio trasformare il mio garage in un magazzino di pezzi di ricambio, montare Braille RAP tutto il giorno, ecc. E poi penso che in un certo senso, il fatto di poter organizzare laboratori collettivi di assemblaggio in cui si riuniscono persone non vedenti, gli utenti dei fab lab, etc, sia un’esperienza così potente che non ho voglia di incoraggiare le persone a effettuare un acquisto online in un solo clic. 

Si tratta di una volontà in cui ci si imbatte spesso nel contesto di progetti open source. Ma ci saranno sempre persone che non vorranno o non potranno costruire o riparare la macchina da soli, o che non avranno un fab lab nelle vicinanze...

Stéphane Godin: Certo, ma credo che la questione sia come risolvere il problema, come rendere i fab lab più accessibili a queste persone, come assicurarsi che riescano a provvedere alla manutenzione delle Braille RAP, etc.

Su una nota più personale, come è arrivato a prendere in considerazione la relazione tra tecnologia e disabilità ?

Stéphane Godin: È una domanda che mi pongo da molto, molto tempo. Dal 1992, l'informatica è il mio mondo... ...il mio mondo professionale, anche! Mi ha sempre affascinato, fin da bambino, ma ho sempre pensato che, mentre si spendono molte energie per creare macchine che vanno sempre più veloci, software che apportano guadagni sempre maggiori... intorno alla disabilità, malgrado le grandi potenzialità delle tecnologie digitali, ci sia come uno stallo del progresso.

Sapevo dei fab lab perché a Rennes siamo abbastanza fortunati, ce ne sono attivi più di uno. Poi un giorno sono andato a My Human Kit e l'esperienza è stata davvero particolare. È un luogo in cui si incontrano persone di ogni estrazione sociale: disabili, normodotati, pensionati, giovani studenti... Crea un'atmosfera davvero piacevole e speciale. E sono questi i progetti che hanno davvero senso. Perché tra frequentare un fab lab per realizzare portachiavi con una stampante 3D o andare per costruire una protesi specializzata per tagliare le pizze c’è un po’ di differenza!

Sono convito che bisogna approfondire e incoraggiare al massimo progetti simili, perché da essi vengono fuori strumenti come il Braille RAP. Oggi, tiro fuori la mia macchina e stampo in Braille senza alcun problema. Perché non creare uno strumento da integrare alle sedie a rotelle o, ancora, realizzare uno strumento di guida o di vocalizzazione per le istruzioni?

Questo ci riporta all’interrogativo che lei stesso poneva: cosa possiamo fare con le tecnologie esistenti, chi ne beneficia e come possiamo garantire che il maggior numero possibile di persone tragga vantaggio dalle opportunità che offrono ?

Stéphane Godin: Esatto. E anche come un luogo come My Human Kit possa contribuire concretamente... anche se è una parola grossa... alla socializzazione di un gran numero di persone perché, se trattiamo la disabilità solo da un punto di vista medico, escludiamo i disabili. Con un minimo di organizzazione e di buon senso, possiamo creare luoghi condivisi da tutti.

Quindi non è una mera questione di macchine. Si tratta di creare legami...

Stéphane Godin: È proprio questo che mi entusiasma.  L'aspetto tecnico è presente, ma ci sono anche tutti gli aspetti umani che sono affascinanti.

Ulteriori informazioni

[Traduzione : NSS EPALE France]

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