Abbattere le barriere socio-culturali all’imprenditorialità


In un’Europa che punta sempre più su innovazione, digitalizzazione e transizione green, l’accesso all’imprenditorialità resta ancora un privilegio per pochi.
Giovani e donne, in particolare chi proviene da contesti socio-economici svantaggiati, continuano a scontrarsi con barriere invisibili ma potenti: stereotipi culturali, carenza di modelli di riferimento, difficoltà di accesso al credito e a percorsi formativi adeguati.
L'imprenditoria non è per tutti (ancora)
Nonostante l’Unione Europea abbia avviato numerose iniziative per stimolare la cultura imprenditoriale tra le nuove generazioni, i dati continuano a mostrarci un quadro disomogeneo. Secondo l'Eurostat, le donne rappresentano solo il 32% degli imprenditori in Europa, con percentuali ancora più basse nei settori ad alta tecnologia. I giovani under 30 che avviano un’attività imprenditoriale sono pochi, spesso scoraggiati da un ecosistema che richiede capitale iniziale, reti di contatto, competenze digitali avanzate e, soprattutto, fiducia nelle proprie capacità.
A queste difficoltà si aggiungono ostacoli socio-culturali: l’idea che fare impresa sia “rischioso”, “da ricchi” o “da uomini” è ancora fortemente radicata in molti contesti, scoraggiando l’emergere di nuove energie creative proprio dove servirebbero di più.
Il ruolo chiave degli enti di formazione
In questo scenario, gli enti e gli istituti di formazione possono (e devono) giocare un ruolo di rottura. Non soltanto fornendo competenze tecniche, ma costruendo percorsi inclusivi che partano dalle specifiche fragilità sociali, culturali ed economiche degli studenti.
Ecco alcune azioni concrete che le istituzioni formative potrebbero mettere in atto:
1. Orientamento precoce e inclusivo: Introdurre fin dalle scuole secondarie moduli dedicati all’educazione imprenditoriale, raccontando storie di successo di imprenditrici e giovani startupper anche provenienti da contesti svantaggiati. Il messaggio da passare è chiaro: “Anche tu puoi farcela!”.
2. Laboratori esperienziali e mentoring: Affiancare la teoria con la pratica: simulazioni d’impresa, hackathon, progetti di gruppo con aziende “reali”. Aggiungere programmi di mentoring con imprenditori e imprenditrici come guide ispiranti.
3. Percorsi accessibili e flessibili: Offrire corsi gratuiti o a basso costo, anche online, per garantire la massima inclusività. Prevedere formule ibride che permettano a chi lavora o ha altri impegni familiari di formarsi nei propri tempi.
4. Micro-finanza e incubatori sociali: Collaborare con enti pubblici e privati per facilitare l’accesso a piccoli finanziamenti iniziali, affiancati da incubatori e coworking che offrano supporto amministrativo e legale alle idee d’impresa.
5. Formazione sulle soft skill e sull’empowerment: Promuovere la fiducia in sé stessi, la leadership e la gestione dell’errore come competenze chiave. L’auto-efficacia è spesso la barriera più difficile da abbattere.
Un’Europa più inclusiva parte dalla formazione
Costruire una cultura imprenditoriale inclusiva significa non solo creare nuove opportunità di lavoro, ma dare voce a prospettive diverse, capaci di innovare davvero i nostri modelli economici. Giovani e donne devono essere messi nella condizione di accedere agli strumenti giusti, nel momento giusto, senza che la loro origine sociale o culturale diventi un ostacolo.
Le istituzioni formative insieme alle realtà aziendali, in questo processo, possono essere la leva più potente per democratizzare l’accesso all’imprenditorialità. Perché un’idea può nascere ovunque — ma ha bisogno di essere ascoltata, sostenuta e accompagnata per diventare impresa.