L’educazione non formale è quella che non dà titolo!


Dal 10 al 16 novembre 2024, presso l’APS Brainery Academy di Udine, sono stati ospitati 2 docenti finlandesi per un job shadowing. Lo staff dell’Associazione ha preparato un programma che, alle lezioni in calendario durante la settimana, ha previsto degli workshop che andavano a presentare dei corsi programmati per l’anno nuovo. Al fine di creare un ambiente interattivo, sono stati invitati a partecipare coloro che avevano preso parte a delle mobilità KA1, in quanto l’Associazione è Ente accreditato.
Con soddisfazione, ogni workshop ha visto la presenza di numerosi utenti che hanno animato la lezione interagendo sia con l’insegnante del corso che con le ospiti. Il clima amicale, l’agire vicendevolmente e la continua interazione hanno generato una certa sorpresa nelle nostre ospiti in quanto, come hanno riferito, nel loro Paese i partecipanti alle attività, promosse dalla loro organizzazione, sono alquanto passivi. Hanno poi chiesto di approfondire, con un gruppo di insegnanti, il metodo di insegnamento utilizzato che esprime una educazione non formale.
Al riguardo vorrei segnalare una condizione fondamentale che riguarda questo tipo di educazione che stenta a radicarsi: l’educazione non formale ribalta il modello dell’educazione formale, in cui lo svolgimento del programma è prioritario rispetto all’acquisizione dei contenuti da parte di tutti gli studenti, in quanto prima vengono le persone con le loro fragilità ma anche con le loro conoscenze e competenze e poi il programma. L’educazione non formale mette al centro dell’azione didattica la persona e l’insegnante funge da mentore intervenendo nel momento in cui si presentano delle improprietà che vanno corrette.
Detto ciò vorrei condividere con chi legge questo articolo le risposte date da professionisti della conoscenza come presidi e docenti universitari. Nel primo caso ho posto la domanda ad una dirigente di CPIA, durante un seminario nazionale sul tema dell’educazione non formale, che ha risposto così: ’ l’educazione non formale è quella che non dà titolo!’ Nel secondo caso ho posto la domanda ad una docente universitaria polacca dopo che aveva presentato una sua ricerca sull’educazione non formale in Polonia durante l’ultimo TCA tenutosi a Varsavia. La risposta, dopo qualche tentennamento, è stata: ‘quella che non dà titoli!’ Guardando le mie espressioni facciali, mi ha chiesto delle spiegazioni e alla fine di una proficua chiacchierata mi ha invitato a rimanere in contatto.
A onore del vero, in Italia e in molti altri stati europei le conoscenze e le competenze acquisite attraverso una educazione non formale non vengono riconosciute, ma è altrettanto vero che in altri lo sono. Risale al 2012 la Raccomandazione del Consiglio dell'Unione Europea sulla validazione dell'apprendimento non formale e informale che esplicita alcuni elementi minimi del processo di validazione:
a) L'INDIVIDUAZIONE dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l'apprendimento non formale e informale;
b) la DOCUMENTAZIONE dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l'apprendimento non formale e informale;
c) la VALUTAZIONE dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l'apprendimento non formale e informale;
d) la CERTIFICAZIONE della valutazione dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l'apprendimento non formale e informale.
Tornando alla nostra amata Italia, leggiamo quotidianamente la noia degli studenti che sfocia in atti di teppismo e l’incapacità dichiarata di molti insegnanti nell’interessare gli studenti. Certo non sono più i tempi in cui ho frequentato il liceo dove vi era un timore reverenziale nei confronti degli insegnanti che, dalla loro cattedra, si atteggiavano a maestri del sapere!
L’epoca è decisamente cambiata ma posso assicurare che nella mia carriera di insegnante di chimica e biologia in un liceo linguistico sono riuscita a stabilire un rapporto di reciproca fiducia con gli studenti proprio attraverso una didattica non formale basata sul ragionamento e condivisione dei contenuti, ovviamente c’erano sempre dei refrattari che comunque erano consapevoli delle loro difficoltà e anche della loro poca voglia di studiare ma ciò non scalfiva l’aspetto umano in quanto il contesto didattico era un elemento separato dal contesto sociale; in tal modo non veniva meno la loro autostima anche perché cercavo di coinvolgerli in altre attività funzionali come ad esempio la preparazione di slides e/o video utili per un concorso o per un bando, sfruttando quelle che erano le loro competenze informali.
Queste modalità si sono impossessate del mio ‘modo di fare scuola’ come conseguenza di una serie di osservazioni attuate durante le attività che avevano luogo nelle scuole in cui eravamo ospiti a seguito di vari progetti Erasmus+ dedicati alla scuola. Devo quindi esprimere tutta la mia riconoscenza al programma Erasmus che dal 1994 mi permette di aprire continuamente la mente a nuove esperienze, di conoscere realtà e paesi diversi, di discutere con professionisti della conoscenza. Tutto ciò permette una crescita in termini di conoscenze e competenze che attualmente affluisce nell’Associazione per l’educazione non formale degli adulti, APS Brainery Academy.
Mi auguro che questo mio contributo sollevi qualche discussione anche in vista e a seguito dell’appuntamento ‘Verso gli Stati Generali dell’Apprendimento permanente’.