“La sfida delle transizioni professionali nel 2023!”.

Intervista per EPALE Francia a Vincent Donne, responsabile del progetto di formazione professionale e competenze presso France Stratégie
[Traduzione: EPALE Francia]
EPALE: Può presentarsi?
Vincent Donne: Sono responsabile del progetto di formazione professionale e competenze presso France stratégie, un ente di ricerca e previsione in relazione con l'ufficio del Primo Ministro. Mi occupo di transizioni e riqualificazioni professionali e di pratiche di assunzione nelle aziende. In precedenza, ho lavorato per Pôle emploi, ente francese anch’esso specializzato nel settore dell’occupazione, presso il quale ho avuto modo di analizzare i sistemi occupazionali all'estero con l'obiettivo di fare benchmarking e migliorare le politiche del lavoro in Francia.
Come definirebbe la transizione professionale?
Vincent Donne: Esistono molti termini diversi, come “mobilità professionale”, “evoluzione professionale” o, ancora, “riqualificazione professionale”. Mobilità veicola il concetto di cambiare professione nel mercato del lavoro. La riqualificazione, che comporta un cambiamento di professione senza un rapporto diretto con la precedente, ne fa parte. La transizione professionale, da parte sua, si riferisce all’attuazione del processo stesso, uno stato di transizione per l'individuo. Ogni anno in Francia si registrano 1,4 milioni di transizioni professionali, pari al 7-8% delle persone in attività. Quando si parla di transizione, molto spesso si fa riferimento a un lungo processo di formazione che si conclude con una certificazione. Stiamo cercando di dimostrare che questo passaggio non è sistematico: un numero enorme di transizioni professionali avviene senza alcuna formazione o intervento da parte di enti pubblici, il che non rappresenta di per sé un problema.
Quali sono le sfide principali della transizione professionale?
Vincent Donne: La prima sfida è definibile come “macro”: c'è un'enorme necessità di transizioni professionali legata all'accelerazione dei cambiamenti economici: la transizione ecologica, la riconfigurazione della produzione sulla scia della crisi di Covid e le sfide digitali. Alcune esigenze settoriali sono molto significative: entro il 2030, gli squilibri per professione potrebbero rappresentare fino a un terzo del fabbisogno di assunzioni, fenomeno che richiederà, a quel punto, una serie di riqualificazioni professionali.
Inoltre, le aspirazioni individuali alla mobilità sono molto elevate - probabilmente anche in aumento - a causa dell'insoddisfazione sul lavoro legata alla retribuzione, alla qualità del lavoro, alle nuove relazioni sul lavoro e, in particolare, alla ricerca di un significato. Questi due movimenti non convergeranno naturalmente. A breve e a lungo termine, nelle professioni in cui c'è bisogno di assumere, in particolare nei settori di interesse generale come l'istruzione, la salute, la transizione ecologica o le professioni legate alla terza età, non è detto che tutti i posti di lavoro disponibili saranno necessariamente occupati, perché non sono molto attraenti e non sempre di buona qualità.
I meccanismi del mercato del lavoro da soli non risolveranno questi due movimenti. Le politiche per l'occupazione e la formazione devono essere anticipate e indirizzate per soddisfare le esigenze strategiche e l'interesse generale.
Una seconda questione importante, meno pubblicizzata, è la disuguaglianza tra gli individui in termini di capacità di riqualificazione, sia in termini di categoria socio-professionale, sia di genere o di posizione geografica. La riqualificazione richiede risorse, qualifiche e conoscenza del mercato del lavoro. Coloro che ne avrebbero più bisogno, perché svolgono lavori faticosi o percepiscono salari bassi, non necessariamente riusciranno a riqualificarsi. È una questione di giustizia sociale creare le condizioni per un accesso equo a una buona transizione.
Quali soluzioni propone? Bisogna porre dei vincoli all’adattamento tra bisogni collettivi e aspirazioni individuali?
Vincent Donne: Insieme alla mia correlatrice Coline Bouvart, il mese prossimo pubblicherò un rapporto sulle transizioni professionali, nell'ambito di France Stratégie, che contiene una serie di raccomandazioni. Esistono quattro tipi principali di soluzione. Il primo è quello di rafforzare la capacità collettiva di orientare le politiche per l'occupazione e la formazione a livello nazionale, regionale e locale. Le transizioni da una professione all'altra sono per loro natura intersettoriali e devono essere sostenute a livello territoriale, mentre in Francia queste politiche sono gestite settore per settore.
Spetta poi ai politici decidere fino a che punto spingersi in termini di vincoli. Come minimo, dobbiamo destinare le risorse pubbliche alle professioni di cui abbiamo più bisogno: coprendo parte dei costi della formazione, attraverso il sistema di orientamento degli adulti, e fornendo un sostegno migliore. Entro il 2035 non ci saranno più automobili con motore a combustione. Spetta alle autorità pubbliche, in collaborazione con le parti sociali, anticipare e sostenere le persone in formazione, individuare i settori di attività e creare ponti.
Il secondo tipo di soluzione si basa sul rafforzamento del sostegno agli individui. Sebbene non tutte le transizioni professionali necessitino di un sostegno finanziario, è importante garantire che tutti coloro che hanno bisogno di consulenza e supporto nella definizione di un progetto professionale ne possano beneficiare, proprio come presso, Pôle emploi, consulenti specializzati aiutano i canditati a trovare una formazione, a cambiare lavoro o a trasferirsi in un’altra area geografica, in particolare per le persone più vulnerabili e meno qualificate.
Il terzo punto è che in Francia esiste un gran numero di programmi che forniscono finanziamenti per la riqualificazione, ma non c'è alcuna garanzia che questi finanziamenti vadano alle persone che ne hanno più bisogno, ai più vulnerabili e a coloro che si dedicano a occupazioni che rispondono ai bisogni della comunità.
Ci può essere una tensione tra i posti di lavoro con carenza di personale, per i quali le esigenze di assunzione sono elevate, e i posti di lavoro legati all'interesse generale. Questo può anche richiedere di far ricorso a formazioni più brevi, in alternanza, o a tutte quelle modalità di formazione che più si avvicinano alla vita attiva e al mondo del lavoro.
Infine, la quarta e ultima serie di soluzioni si basa sullo sviluppo delle competenze e sulla garanzia di poter effettuare un percorso simile, in particolare per le persone già in attività, in seno alle aziende. È su questo che le transizioni professionali possono far leva: gli individui che decidono di formarsi sono più mobili; ne beneficiano anche le aziende, che possono sostenere la mobilità interna ed esterna: dipendenti più soddisfatti, più felici e con migliori competenze sono un vantaggio sia per le aziende che per i dipendenti. Ciò significa porre la questione della mobilità al centro del dialogo sociale.
EPALE: Come definirebbe una competenza?
Vincent Donne: Si tratta di conoscenze o attitudini che si esprimono in una situazione lavorativa, a differenza delle conoscenze in un contesto puramente educativo.
EPALE: Quali sono, secondo lei, le competenze chiave del futuro?
Vincent Donne: Tutto ciò che ha a che fare con la transizione ecologica, anche se le competenze coinvolte non sono ancora ben definite: il lavoro di identificazione è ancora in corso, così come lo sviluppo di qualifiche e diplomi. Anche la capacità di adattarsi ad ambienti di lavoro in rapida evoluzione sarà una considerazione fondamentale. Spesso si parla di soft skill (competenze comportamentali) senza definire realmente cosa siano.