Competenze digitali: perché è difficile valutarle?


Prima di capire perché è difficile valutarle, dobbiamo chiarire cosa siano realmente le competenze digitali, che non sono solo “saper usare il computer” o “installare un’app”. Esse comprendono:
Saper navigare e ricercare informazioni online in modo critico.
Utilizzare strumenti di collaborazione e comunicazione digitale.
Creare contenuti digitali (testi, immagini, video, siti web).
Comprendere la sicurezza informatica e proteggere i propri dati.
Risolvere problemi tecnici di base legati all’uso della tecnologia.
Queste competenze sono spesso suddivise in livelli: base, intermedio, avanzato, e in ambiti specifici (per esempio coding, social media, intelligenza artificiale).

Perché è difficile valutare le competenze digitali?
Ci sono almeno cinque motivi principali:
Velocità del cambiamento. Le tecnologie evolvono rapidamente. Un assessment costruito oggi può risultare obsoleto fra sei mesi. Pensiamo alle nuove piattaforme social, ai tool di intelligenza artificiale generativa o ai software emergenti: saper usare Facebook non è più garanzia di “competenza digitale” se il mercato si è spostato su TikTok, e domani su qualcosa di nuovo.
Dimensione pratica vs. teorica. Molti test si basano su domande a risposta multipla o quiz teorici. Ma saper rispondere non significa saper fare. Un esempio: posso sapere cosa significa “phishing”, ma cascarci comunque nella pratica. Le competenze digitali richiedono valutazioni pratiche, simulate o in contesti reali, molto più complesse da organizzare.
Diversità dei contesti d’uso. Una competenza utile per uno studente universitario potrebbe essere irrilevante per un artigiano, e viceversa. Valutare “universalmente” le competenze digitali è difficile perché i contesti sono tanti e variegati: scuola, lavoro, vita privata, pubblica amministrazione, creatività, imprenditorialità… non esiste un unico standard valido per tutti!
Soft skill e atteggiamento. Le competenze digitali non sono solo abilità tecniche, ma anche atteggiamento mentale: saper imparare nuove tecnologie, adattarsi, risolvere problemi in autonomia. Questo tipo di competenze trasversali (soft skill) sono difficili da valutare con test oggettivi, e spesso richiedono osservazione sul campo.
Assenza di standard globali condivisi. Ci sono molti framework (DigComp in Europa, ICDL, MOS per Office, ecc.), ma nessuno è universalmente accettato e applicato in tutto il mondo. Questo frammenta gli sforzi di valutazione e rende difficile la comparabilità tra paesi, aziende, settori.
Un progetto ambizioso: validare gli strumenti per l’assessment
Proprio per rispondere a queste sfide, realtà italiane e internazionali si stanno muovendo. Con il coordinamento dell’Università Federico II, Nexa Data assieme a Fondazione Mondo Digitale, Infinity Srl, All Digital e a Uatae hanno partecipato al bando Erasmus+ Progetti Lungimiranti sottoponendo un progetto ambizioso: sviluppare e validare strumenti efficaci per valutare le competenze digitali.
L’obiettivo del progetto è identificare metodologie e strumenti che permettano di:
misurare le competenze in modo aggiornato e realistico,
garantire comparabilità tra diversi contesti,
valorizzare non solo le abilità tecniche, ma anche le capacità trasversali.
Si tratta di un passo importante per costruire un ecosistema di valutazione robusto e condiviso, che aiuti persone, aziende e istituzioni a orientarsi nel complesso mondo delle competenze digitali.
Come si può migliorare l’assessment?
Per affrontare le difficoltà viste prima, servono:
Test pratici, basati su simulazioni realistiche.
Valutazioni adattive, che cambiano in base al livello dell’utente.
Aggiornamento continuo dei contenuti e dei criteri.
Riconoscimento delle soft skill, magari con strumenti qualitativi (portfolio, testimonianze, valutazioni tra pari).
Collaborazione internazionale per arrivare a standard più solidi e condivisi.
Le competenze digitali sono cruciali, ma valutarle bene è una sfida complessa, che richiede attenzione, aggiornamento e approcci multidimensionali. Non basta “sapere”, bisogna anche “saper fare” e “sapersi adattare”. Perché nel digitale, più che in altri settori, fermarsi equivale a restare indietro.