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Il cambiamento possibile. Intervista a Carmelo Musumeci

Condividere le storie di chi ha attraversato la zona liminale della detenzione ed è sopravvissuto, nonostante tutto, trasformando la propria esistenza e scegliendo un nuovo cammino: questa forse è una possibilità per provare ad avvicinarsi a quel mondo invisibile, da cui solo di rado giungono voci e notizie che spesso non trovano accoglienza, perché è molto radicata la convinzione che tutto sommato chi è finito in carcere meriti di soffrire, a causa del danno che ha arrecato alla società, che questo male sia una giusta punizione per le colpe di cui si è macchiato. Carmelo Musumeci è una di quelle voci.

Articolo di Silvia Rosa

Farf

Di che cosa sia esattamente il carcere e dei destini di migliaia di detenuti che vi sono rinchiusi, non interessa molto alla gente comune. Anche io, prima di andarci a lavorare in qualità di insegnante, non me ne preoccupavo granché. Mi sembrava un mondo così distante da quello che abito, così diverso, che non immaginavo nemmeno lontanamente che cosa potesse significare trovarsi a vivere al suo interno, privati della libertà e di altri fondamentali diritti, persi all’interno di un ingranaggio che sebbene sulla carta sia finalizzato soprattutto alla riabilitazione, è nei fatti un dispositivo di sofferenza, in cui si scontano i propri crimini esperendo una condizione di estremo malessere, che poco favorisce un'assunzione di responsabilità, un radicale ripensamento di sé stessi, una rinascita.
Condividere le storie di chi ha attraversato la zona liminale della detenzione ed è sopravvissuto, nonostante tutto, trasformando la propria esistenza e scegliendo un nuovo cammino: questa forse è una possibilità per provare ad avvicinarsi a quel mondo invisibile, da cui solo di rado giungono voci e notizie, che spesso non trovano accoglienza, perché è molto radicata la convinzione che tutto sommato chi è finito in carcere meriti di soffrire, a causa del danno che ha arrecato alla società, che questo male sia una giusta punizione per le colpe di cui si è macchiato.
Carmelo Musumeci è una di quelle voci, una voce speciale, che per oltre venticinque anni ha testimoniato l’inferno dei reclusi per i quali il fine pena è fissato al 31 dicembre 9.999, gli ultimi fra gli ultimi, gli “uomini ombra” condannati all’ergastolo ostativo. Per la legge italiana chi è condannato all'ergastolo può avere accesso al regime di semilibertà e alla libertà condizionale, godere di permessi e, una volta trascorsi ventisei anni di detenzione, essere ammesso alla liberazione condizionale. Non è così per l’ergastolano ostativo, che non ha diritto a benefici penitenziari in assenza di una "condotta collaborante" con la giustizia. Negato l'accesso a benefici e misure alternative al carcere, il termine della detenzione va dunque a coincidere con la durata intera della vita.
Grazie a una sentenza della Consulta, che ha stabilito che non può essere chiesta la collaborazione con la giustizia quando è inesigibile, Carmelo Musumeci è riuscito a ottenere nel 2018 la liberazione condizionale, e il riconoscimento del suo "grande percorso di crescita personale che [lo ha] portato a leggere e studiare in carcere con granitica volontà” e del suo straordinario cambiamento, che lo ha reso "un uomo nuovo, che si riscatta dal passato impegnandosi quotidianamente coi disabili”, come si legge nell’ordinanza che gli ha restituito la libertà.

«Ancora non sapevo che era più bello perdonare che odiare. Arrabbiato con il mondo, cercai a ogni costo di diventare cattivo. Sentii che avevo tutte le ragioni per essere cattivo, non potevo e non volevo scegliere di non essere cattivo. Iniziai quindi una vita da cattivo. Cercai la giustizia nel male. […] Ero circondato da nemici ed ero in guerra con il mondo. Non sapevo ancora che ero in guerra solo con me stesso.»

In questo significativo estratto del suo "Nato colpevole" Carmelo racconta il percorso autobiografico di un sé molto giovane, che sceglie la strada senza uscita della criminalità.
Nel corso della sua vita da detenuto è diventato portavoce della disperazione che segna, senza possibilità di riscatto, i condannati all’ergastolo ostativo, e si è attivato affinché le istituzioni e l’opinione pubblica fossero sensibilizzati rispetto alla disumanità di un regime detentivo che nega persino il conforto della speranza: che cosa significa ricevere una condanna all’ergastolo ostativo? 

La mia intervista per niederngasse.it parte da qui.

 

Leggi l'intervista integrale

 

di Silva Rosa


 

Carmelo Musumeci (www.carmelomusumeci.com) è nato nel 1955 in Sicilia. Condannato all’ergastolo ostativo, è ora in liberazione condizionale presso una Casa Famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi, dove vive e lavora. Promuove da anni una campagna contro il fine pena mai, per l’abolizione dell’ergastolo.

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