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Costruire alleanze per fare fronte alla complessità: i patti educativi di comunità.

Il ruolo del territorio nel ridurre dispersione scolastica e povertà educativa: ne parliamo al seminario Epale Non Dis-perdersi (Roma, 9-10 Novembre)

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Il territorio può avere un ruolo decisivo nel ridurre la dispersione scolastica e la povertà educativa. Perché ciò avvenga deve però essere capace di attivare reti, patti ed alleanze educative, collaborando con enti locali, scuole e altri soggetti della cosiddetta comunità educante. Le alleanze e i patti educativi saranno al centro delle relazioni introduttive del Seminario nazionale Epale Non dis-perdersi. Azioni di rete per contrastare la povertà educativa, che si terrà a Roma il prossimo 9 e 10 novembre. Riportiamo l'abstract di Andrea Morniroli del Forum Disuguaglianze e Diversità. L'intervento in sarà curato da Silvia Vaccaro, Forum Disuguaglianze e Diversità.

 

Di fronte ai numeri e alla multi problematicità che caratterizzano il fenomeno della povertà educativa e dell’abbandono scolastico in diversi contesti locali e soprattutto in aree a grave fragilità educativa, si sono sviluppate alleanze dal basso che attraverso fitte collaborazioni tra scuole, civismo attivo, enti locali e, spesso, privato e operatori culturali hanno reagito alla crisi educativa. Trovando nel duplice intreccio, scuola/territorio, curriculare/extra-curriculare la chiave della loro capacità di impatto sui problemi e sulle fragilità. Sapendo che migliorare la capacità di accogliere i più fragili significa migliorare la scuola per tutti e tutte.  E, ancora, che spesso sono i proprio i “margini” i luoghi da cui la realtà si vede meglio e nella sua interezza.


Alleanze che hanno assunto piena consapevolezza di come la fragilità educativa si intreccia e prende corpo nelle povertà materiali, sociali e culturali di famiglie e contesti e che per questo hanno provato a accettare la sfida della complessità partendo dal favorire il reciproco riconoscimento tra scuola (al centro e attore primo della funzione educativa ma non sufficiente) e territorio (inteso come luogo di soggetti differenti resi consapevoli che la responsabilità educativa e responsabilità  pubblica e collettiva).


In questo quadro che molte di queste alleanze hanno scelto di guardare ai “patti educativi di comunità” come possibile sbocco del loro fare comune. Individuando nei “patti” la possibilità di sistematizzare un insieme di pratiche e metodi in grado di favorire un’uscita in avanti della scuola dalla crisi degli ultimi due anni.  Scommettendo sul fatto che i patti stessi possano diventare “un luogo concreto e ideale” non solo per arginare processi di abbandono e fallimento formativo, ma anche per immaginare e dare sostegno a nuove modalità di educare e fare scuola.


Queste esperienze hanno ottenuto risultati importanti e in molti casi sono quelle che hanno permesso di mantenere un legame stretto tra scuola alunni e famiglie anche nel pieno della pandemia e della Dad. 


Per evitare il rischio che quanto oggi si è fatto in tanti diversi contesti finisca per rimanere “sperimentazione infinita”, occorre una vera e propria inversione a “U” delle politiche pubbliche. In termini generali, come già sottolineato se il tema educativo e la valorizzazione della scuola non tornerà a essere una priorità delle politiche nazionali pensando a tale campo non come un qualche cosa che viene dopo lo sviluppo ma come suo stesso presupposto. In termini più specifici se il Ministero dell’Istruzione non avrà il coraggio da una parte di promuovere per davvero la co-progettazione territoriale come sede di declinazione degli interventi e delle diverse attività (a partire dal riconoscere per davvero e non solo in termini di competizione di mercato l’autonomia delle scuole), d’altra parte superando la logica dei finanziamenti a pioggia che alla fine producono interventi precari, confusi, sovrapposti che poco servono soprattutto alle ragazze e ai ragazzi che dovrebbero coinvolgere e prendere in carico.
 

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