Studenti BES con background migratorio e CPIA. La glottodidattica accessibile.

L’interesse verso questo tema scaturisce dalla mia personale esperienza come docente di italiano nel settore dell’istruzione degli adulti. Nell’arco di dieci anni di lavoro nel CPIA 1 Foggia ho potuto constatare come una parte non trascurabile di studenti adulti e/o giovani adulti con background migratorio presenti forti difficoltà nell’apprendimento dell’italiano L2. Lo scopo di questo articolo è di provare a fare il punto della situazione.
Gli apprendenti con background migratorio nel corso della propria vicenda scolastica all’interno dei percorsi formativi erogati dai CPIA affrontano spesso una serie di difficoltà, riconducibili a fattori che non possono essere imputati esclusivamente a deficit linguistici, derivanti dalla non conoscenza della lingua italiana. Di solito lo svantaggio linguistico costituisce una condizione di deficit temporaneo, che può essere superato mediante l’uso di strategie didattiche appropriate in ambito scolastico e attraverso una maggiore esposizione all’italiano anche in ambito extrascolastico. Anche altri aspetti possono compromettere il buon esito del percorso scolastico, tra cui le difficoltà relazionali, lo svantaggio socio-culturale di provenienza, l'incapacità di adattamento ad un sistema culturalmente diverso e non ultimo la carente o addirittura inesistente scolarizzazione nel Paese d'origine.
Tale situazione in soggetti vulnerabili come gli studenti con background migratorio genera forte "disagio", andando a provocare o acuire ulteriori problemi come la scarsa motivazione ad apprendere, il ritardo scolastico, i disturbi/difficoltà di apprendimento.
Se, dunque, l’iter scolastico di alcuni apprendenti del settore dell’istruzione degli adulti con background migratorio per le motivazioni di cui sopra si presenta accidentato, vuole dire che ci troviamo di fronte a studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES), che, sebbene non regolati da alcuna norma, richiedono comunque una speciale attenzione da parte degli insegnanti.
In età adulta in Italia è impossibile accedere alle misure di supporto previste dalla normativa per altre tipologie di studenti.
Sebbene la scuola non si occupi di percorsi riabilitativi, tuttavia può intervenire sul contesto nel quale gli studenti BES sono quotidianamente inseriti e renderlo fruibile.
L’obiettivo da perseguire deve essere necessariamente quello di creare un ambiente educativo inclusivo, che incoraggi l’apprendimento e solleciti la motivazione di ciascuno studente. L’acquisizione linguistica avviene soprattutto attraverso gli scambi comunicativi naturali tra le persone, solo secondariamente attraverso lo studio mnemonico di regole o liste di parole. Per questo motivo, l’ambiente di apprendimento e gli aspetti relazionali sono condizioni importanti per un’appropriazione efficace della L2.
In quest'ottica non è fuori luogo parlare di glottodidattica accessibile, ovvero di quel processo che l’insegnante deve avviare per ridurre al minimo o addirittura rimuovere le barriere all’apprendimento esistenti.
Le proposte di intervento didattico devono riguardare soprattutto il raggiungimento di quelle competenze nelle quali gli studenti non italofoni con bisogni educativi speciali (BES) incontrano le maggiori difficoltà, ossia la consapevolezza fonologica e l’interiorizzazione del lessico.
In particolar modo nella fase iniziale di assimilazione di una lingua, l’aspetto più complesso è rappresentato dalla dimensione sonora, in quanto fonetica e fonologia condizionano sia il corretto sviluppo delle abilità ricettive, che l’apprendimento di una pronuncia corretta.
Gran parte degli studenti BES con background migratorio presenta difficoltà nell’articolazione di certi suoni, una scarsa padronanza lessicale, confonde le diverse persone e i tempi verbali, fatica ad esprimere le proprie idee in modo coerente e preciso.
Inoltre le capacità di lettura e scrittura insieme alla competenza fonologica appaiono fortemente compromesse. La lettura si mostra lenta e stentata con ripetuta perdita della riga, omissione di parole, inversione di lettere all'interno della stessa parola, confusione tra lettere apparentemente simili (p/b; d/b; q/p; g/q) e sostituzione di suoni simili (p/b; d/t; f/v; m/n…).
Per l’apprendente, di cui ci stiamo occupando, organizzare i grafemi manualmente in modo automatico, leggibile e regolare rappresenta un grosso problema. Sovente non riesce a rileggere quanto ha scritto. La pressione del suo tratto scrittorio o è troppo debole o è troppo marcata; il segno grafico, tracciato sul foglio, non si presenta costante quanto a dimensione; molte sono le interruzioni del tratto, le parole sono mal distribuite sul foglio; spesso si notano inopportune fusioni/separazioni dei segni. La lentezza nello scrivere in particolar modo per copiare dalla lavagna è una costante comune.
Molto ricorrente è anche la difficoltà di abbinare correttamente fonemi e grafemi. Lo studente con questo tipo di difficoltà commette alcuni errori sistematici: confusione tra fonemi simili (es. F/ V; T /D; B/P; L/ R, M/ N, C/G, S/Z) e tra grafemi simili (es. b, p, d, q, a, o, m, n); omissioni o inversioni di lettere all'interno delle parole (es. sefamoro anziché semaforo), errato uso dell’h, delle doppie, degli apostrofi e degli accenti.
Anche le abilità aritmetiche, conseguenti ad una difficoltà di elaborazione delle procedure e del sistema di calcolo, risultano compromesse. Alcuni apprendenti BES hanno faticano a fare i calcoli in automatico, a contare in modo regressivo, a scrivere e a leggere numeri, memorizzare le tabelline, eseguire le procedure, come incolonnare o fare il riporto.
Molti insegnanti si stupiscono delle difficoltà incontrate nello studio da questi studenti e spesso giungono alla conclusione che “non siano portati” o “non abbiano voglia”. In quest’ottica strutturare un intervento glottodidattico a partire dall’analisi degli effettivi bisogni dell’alunno appare fondamentale e permette di spostare il focus sul fatto che l’insegnante non è un clinico, bensì un formatore, il cui compito è quello di seguire tutti gli studenti a lui affidati e di non lasciare indietro nessuno. Non è necessario dunque avere a disposizione un’etichetta precisa (dislessia, disturbo del linguaggio, disturbo fonetico-fonologico, …) con cui classificare i singoli studenti: a scuola l’importante non è tanto etichettare, quanto piuttosto intervenire opportunamente secondo i bisogni specifici di ciascuno.