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Oltre il carcere. I contenuti del seminario

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Martina Blasi
Bari_qdnews

EPALE Italia ha tenuto a Bari, presso l’Università Aldo Moro, tre giornate di seminario sul carcere con l’obiettivo di contribuire a costruire un carcere più inclusivo ed umano, con componenti educative e responsabilizzanti volte al ritorno del reo nella società.

Lunedì 11 giugno

Aprono i lavori Lorenza Venturi, capo Unità EPALE Italia, Carmelo Cantone, Giuseppe Centomani e Pietro Rossi, rispettivamente Provveditore, Direttore del Centro minorile e Garante dei detenuti per le regioni Puglia e Basilicata.

Carmelo Cantone  indica subito la necessità di rendere effettive e significativamente presenti le iniziative idonee a ricostruire un legame con la società, oltre ad ogni attività educativa e lavorativa remunerata. Fondamentali le attività teatrali “che – afferma il provveditore Cantone - mettono in gioco nei detenuti sentimenti realmente vissuti come la vendetta, l’amore, l’orgoglio”.

Sognato
Nel Minorile in Italia la situazione è abbastanza positiva, il Direttore Centomani sottolinea che i minori ristretti negli Istituti penitenziari minorili italiani sono 450 (250 stranieri), di questi la maggior parte sono giovani adulti (18-25 anni), mentre un numero estremamente basso sono minori (16-18). Ben 20.000 sono seguiti sul territorio a testimonianza del lavoro che il Minorile compie per limitare il carcere nell’espiazione penale.

Il keynote speech è del Garante nazionale Mauro Palma, che, vincolato da sopraggiunti e inderogabili impegni istituzionali, affida alla dottoressa Bonfirraro la relazione che avrebbe sviluppato qualora fosse stato presente. La relazione di Palma invita a perseguire la direzione indicata dagli Stati Generali e a garantire la crescita e lo sviluppo della persona durante l’esecuzione della pena.

Il primo panel, affidato a Laura Vaira mediatrice della cooperativa DIKE di Milano, affronta il delicato tema della Giustizia riparativa, un modello di giustizia alternativo a quello tradizionale in cui si attivano percorsi di mediazione e dialogo tra il reo e la vittima o la collettività. Nella Giustizia Riparativa il reo entra in contatto con le conseguenze che le sue azioni hanno avuto nella vita delle vittime, arriva a “comprendere” la pena inflitta e a “riconoscere la vittima in quanto tale e se stesso come colpevole”, come attore responsabile dei suoi atti. "La giustizia riparativa amplia il tema della responsabilità” – spiega la dott.ssa Vaira - “da un concetto tradizionale, a un concetto in cui la responsabilità è verso qualcuno, ovvero una responsabilità relazionale”. La Giustizia Riparativa non va confusa con una semplice attivazione o presa di coscienza del condannato, ma “esiste solo se si attiva una dimensione di scambio relazionale con le vittime” precisa Laura Vaira che illustra esempi concreti ed esiti ottenuti.

Nel secondo panel Marcello Bortolato, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, illustra i lavori del tavolo degli Stati Generali da lui coordinato "Vita detentiva, responsabilizzazione, circuiti e sicurezza".

La maggior parte dei detenuti italiani è costretta ad un ozio forzato che significa avere una limitazione di spazio eccessiva rispetto a un tempo dilatato e questo influisce negativamente sui processi di responsabilizzazione del detenuto” – Marcello Bortolato pone il problema del tempo: tempo morto, parentesi di vita, tempo dilatato, tempo infinito. “Il detenuto deve essere destinatario attivo e non passivo del suo percorso di educazione”, per questo è necessario “un forte investimento culturale che abbracci tutti gli ambiti della vita detentiva: dal linguaggio, alla libertà di movimento, al doloroso rapporto con l’affettività negata”. Bortolato infine non nasconde i suoi timori sull’approvazione della riforma nata dai lavori degli Stati Generali: dal 1975 mai era stato fatto un progetto di riforma così ampio e organico per “riportare l’esecuzione penale all’interno di una cornice di legalità prima di tutto costituzionale, ma anche sovrannazionale interna ed esterna, adempiendo anche agli obblighi che l’Italia si era assunta con l’Europa dei diritti, quella di Strasburgo”. L’intervento del Presidente del tribunale di Firenze si conclude con la speranza che il carcere possa diventare un luogo sicuro  "safe"  in cui  i diritti umani siano pienamente riconosciuti.

Plenaria_bari

Il terzo e ultimo panel della giornata è quello sull’educazione e la formazione a cura di Ada Maurizio, Dirigente del CPIA 3 di Roma, che illustra i risultati del Progetto FARE – Formare Adulti Ristretti con l’Educazione, progetto che si inserisce all’interno del Programma speciale per l’istruzione e la formazione negli Istituti penitenziari e nei Servizi Minorili della Giustizia favorendo la realizzazione delle azioni previste dal Protocollo di intesa tra il MIUR  e il Ministero della Giustizia (prot. n. 17 del 26 maggio 2016) con particolare riferimento al Patto formativo individuale, i laboratori di Italiano L2, l’ampliamento delle biblioteche, i percorsi di formazione professionale.

La prima giornata si conclude con la significativa testimonianza di Cosimo Rega, ergastolano presso la Casa di reclusione di Rebibbia, ma anche attore, scrittore e regista. Rega parla della sua esperienza di crescita personale grazie al teatro e al lavoro fuori dal carcere, che può compiere ogni giorno, ma riflette anche sul significato della perdita della libertà, un significato che il detenuto comprende fino in fondo solo quando gli sono stati forniti gli strumenti culturali per comprendere l’estremo valore di quanto gli è stato privato: “Allora il carcere diventa una prigione” è solito affermare Rega.

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Il Combattimento di Tancredi e Clorinda

Nel chiostro dell'Università  Horacio Czertok del Teatro Nucleo di Ferrara con Lesther e Edin, detenuti attori della Casa Circondariale “C. Satta” di Ferrara, interpretano il  “Combattimento di Tancredi e Clorinda” dalla Gerusalemme Liberata. L'essenza della tragedia irrompe nello spazio con l'espressione dei volti, la forza innata dei sentimenti e la bellezza del canto. Al termine della performance appare chiaro il messaggio di Horacio: "Lo spettatore non è soggetto passivo, terminale di un’informazione che arriva dal palcoscenico, bensì partecipante attivo a cui viene proposto lo spazio per produrre, anche lui, i fatti. Ne è altrettanto responsabile quanto i personaggi ...

Edin

Martedì 12 giugno

Il secondo giorno si apre con l’esperienza del Comune di Ferrara. Vito Martiello, Responsabile dell’Ufficio Salute e Progettualità sociale, parla del legame tra il carcere e la città: “Dal 1992 quando a Ferrara è nato il nuovo carcere si è cercato di avvicinarlo alla città e alla comunità “Il lavoro grande che il Comune di Ferrara ha fatto è stato quello di istituire attraverso un tavolo politico e un tavolo tecnico il coordinamento di tutti i soggetti che operano in carcere per attivare iniziative utili in carcere e per sensibilizzare la città e renderla consapevole di come quelle iniziative fossero necessarie

La dimensione europea è introdotta da Paul Talbot, project officer di EPEA - European Prison Education Association, una rete per promuovere l’educazione in carcere secondo le raccomandazioni del Consiglio d’Europa agli Stati membri, supportare e assistere lo sviluppo professionale del personale coinvolto in questo settore attraverso la cooperazione europea, collaborare con organizzazioni correlate e supportare la ricerca nel campo dell’educazione in carcere.

A seguire, Maria Grazia Giampiccolo, Direttrice Casa di Reclusione di Volterra, descrive l’esperienza non priva di difficoltà di “un carcere dove tutti i detenuti sono studenti” e dove la Commissione didattica ha un ruolo fondamentale. Tra le tante iniziative del carcere di Volterra - sito dentro la città all’interno dell’antica Fortezza Medicea-  la sartoria, il teatro e le Cene Galeotte sono solo le più famose. L’Area educativa e quella della sicurezza collaborano in maniera proficua per gli stessi obiettivi. Come già indicato da Vito Martiello, il rapporto tra carcere e territorio è estremamente importante e si attua tramite la realizzazione di percorsi esterni con il coinvolgimento della società e del mondo del lavoro.

Un’iniziativa che fa riflettere quella ideata e cresciuta dalla ONLUS Semi(d)i libertà con il progetto “Vale la Pena” presentato da Oscar La Rosa. Un gruppo di detenuti (in semilibertà o con permessi speciali) del carcere di Rebibbia hanno trovato attraverso la produzione di birra artigianale una strada per il ritorno alla vita. Da un lato c’è la lotta allo spreco alimentare perché la prima fase di lavorazione della birra avviene con la fermentazione di pane recuperato dalle eccedenze giornaliere dei grandi hotel, dall’altro c’è il contrasto alla recidiva: “L’obiettivo – spiega il Presidente Paolo Strano– è di non far tornare in carcere chi ha già scontato una pena. La nostra mission è appunto quella di combattere la recidiva, che ad oggi riguarda il 70% delle persone che non hanno accesso alle misure alternative al carcere, e solo il 2% tra coloro che vengono inseriti in progetti produttivi come il nostro”.

Progettazione europea “EDUCATE – Educators for Inclusive and Effective Reintegration of Inmate” partenariato finanziato da Erasmus+ e coordinato da L’Ovile Onlus. Obiettivo del progetto – illustrato da Francesca Cavedoni – è quello di migliorare il profilo del personale, degli educatori e delle organizzazioni che lavorano in carcere e nelle strutture per le misure penali alternative alla detenzione.

Vale_la_pena

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I Lavori di Gruppo sui tre temi dei panel tematici vedono i partecipanti impegnati per l’intero pomeriggio. I risultati, riportati in plenaria l’ultimo giorno, saranno prossimamente riportati in EPALE e daranno vita al documento finale a sostegno della riforma che sarà trasmesso al Garante Palma, come da lui richiesto.

Infine i partecipanti si sono divisi per le visite al carcere di Turi, all’Istituto penale minorile di Bari e alla Cooperativa sociale “Pietra di scarto” di Cerignola. Qui, presso il Laboratorio di Legalità “Francesco Marcone” si è svolta la cena sociale in cui le emozioni e anche le riflessioni della lunga giornata hanno trovato la giusta dimensione partecipativa.

Mercoledì 13 giugno

Nell’ultimo giorno di seminario Alan Smith, precedente coordinatore del Programma Grundtvig per l’educazione degli adulti ed esperto di educazione in carcere, ripercorre l’impegno della Comunità Europea verso il carcere tramite finanziamenti per progetti di apprendimento, formazione ed inclusione. Patrizia Corasaniti, docente e rappresentante di EPEA Italia, presenta le attività di raccordo e condivisione di pratiche tra docenti carcerari in corso di realizzazione.

Infine, dopo la presentazione della piattaforma EPALE luogo virtuale, ma anche reale, di incontro e scambio di prassi tra chi opera in questo settore e strumento di condivisione di contenuti, risorse e materiali, il seminario si conclude con restituzione dei lavori di gruppo da parte dei singoli moderatori.

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Tutti i materiali:

intervento_pres._palma_convegno_epale_11.6.18.pdf
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talbot_epea_slides_1.pptx
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educate_lovile_monitoring_meeting_bari.pptx
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bari_-_alan_smith.ppt
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corasaniti_13_giugno.pptx
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la_gerusalemme_liberata_-_articolo.docx
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la_citta_di_ferrara_e_il_suo_carcer.odt
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grilli_-_io_su_quei_banchi_cero.doc
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istruzione-formazione-lavoro_bari_ada-maurizio.pdf
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Video interviste e registrazione interventi plenaria:

https://www.youtube.com/playlistOltreilcarcere

Per approfondire in EPALE - articoli e risorse collegate:

Oltre il carcere per il recupero sociale

Teatro e deistituzionalizzazione

Responsabilizzazione e vita detentiva

Relazione di Palma per Oltre il Carcere

La mediazione penale. CooperativaDike

Galeotta fu la cena

Educate_ProgettoErasmus

Quando la città incontra il carcere

Seminario EPALE "Oltre il carcere"

Galleria Fotografica:

https://www.flickr.com/photos/OltreCarcere

Alcuni dei documenti ufficiali citati:

protocollo_intesa_ministero_giustizia.pdf
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documento_finale_statigenerali.pdf
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