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Sostenere le persone in transizione professionale oggi: spostare il nostro focus?

André Chauvet, esperto in transizioni professionali

Sostenere le persone in transizione professionale oggi: spostare il nostro focus?

Abbiamo recentemente pubblicato due articoli su Epale: uno riguardante la grande ondata di dimissioni[1], l'altro sulle difficoltà di assunzione riscontrate dai datori di lavoro[2]. Abbiamo cercato di fornire alcuni punti di riferimento sulla realtà di questi fenomeni, su ciò che si può osservare, sulle loro potenziali ragioni (immediate o parte di lenti cambiamenti) e abbiamo anche avanzato alcune modeste proposte d'azione, alcune delle quali da tempo in fase di attuazione, con risultati apprezzabili (cambiare i metodi di assunzione, sviluppare forme di mediazione attiva all’impiego, ridefinire il ruolo dell'esperienza nei percorsi di inserimento lavorativo, ecc.). Gli articoli hanno suscitato numerose reazioni, in particolare da parte di chi si occupa di assunzioni, delle aziende e dei settori professionali preoccupati dalla questione. Il periodo che stiamo vivendo, infatti, appare scosso da grandi variazioni definibili sicuramente intense e multifattoriali e aventi un impatto su tutti i settori e le aree geografiche. È in un simile contesto che emerge la questione della transizione professionale. Di per sé evento semplice (passare da un lavoro a un altro, da una posizione a un'altra), essa richiede però: che si chiarisca di cosa si sta parlando; che si osservino contemporaneamente le altre trasformazioni in atto, in particolare quelle riguardanti il mondo del lavoro; e che ci si interroghi su ciò che l'accompagnamento delle persone in transizione include oggi in termini di servizi (finalità, contenuti, modalità...).

 

Vivere una transizione professionale: evolversi in un mondo che cambia?

Se la questione delle transizioni necessarie (ecologiche, energetiche...) è apparsa a lungo come un obiettivo accettabile, soprattutto se non incideva troppo sui nostri stili di vita, il periodo che si sta aprendo ci mette di fronte, individualmente e collettivamente, a scelte che hanno tutte conseguenze sulla nostra vita quotidiana: viaggi, riscaldamento, prodotti alimentari... Le carte sono state rimescolate e ognuno sta adattando al meglio le proprie strategie di fronte a un futuro preoccupante. Corinne Pelluchon nel suo libro "Réparons le monde[3]" scrive: "La transizione energetica è inseparabile dalla transizione ecologica, che implica una riconversione dell'economia: non può più basarsi su una crescita illimitata o sull'illusoria convinzione che le risorse siano infinitamente disponibili. E aggiunge: "Questa rottura con l'attuale modello di sviluppo comporta anche un ripensamento dei nostri valori e modi di essere. Questa sembra essere la sfida più difficile da sormontare”.

In questo contesto, la questione dei nostri "modi di essere" mette necessariamente in discussione il ruolo occupato dal lavoro, le sue modalità ma anche la sua compatibilità con gli altri aspetti della nostra vita quotidiana e gli equilibri da mantenere. Il che porta tutti a fare scelte a volte brutali sul proprio stile di vita. E il ruolo, la forma e l'utilità del lavoro sono legittimamente messi in discussione. I professionisti dell'accompagnamento professionale incontrano quindi persone che hanno messo in standby o addirittura rinunciato a progetti a lungo meditati perché l’incerta posta in gioco rappresentata dagli spostamenti a titolo professionale minaccia la loro sopravvivenza dal punto di vista economico. Siamo tutti confrontati con la contingenza: fare scelte consapevoli richiede un minimo di fiducia nella stabilità e nella prevedibilità del mondo che sarà. Al momento non è proprio così. E questo, per effetto domino, mette in discussione la possibile stabilità della fase successiva. E se aspettassimo che la nebbia si diradi? Alcuni candidati alla transizione stanno pensando (e sperando) ad alta voce.

 

Transizioni: di cosa stiamo parlando?

Prestare particolare attenzione alle transizioni professionali, che per loro stessa natura sono uniche (ogni persona è unica, ogni percorso è inedito), significa pensarle in termini di interazioni complesse e non sempre prevedibili. Inoltre, piuttosto che parlare di transizioni professionali, per farne una "cosa" a parte, un oggetto di studio dissociato dalle persone che le vivono, decidiamo qui di esaminare la questione delle persone in transizione e di proporre sia alcune ipotesi analitiche che alcuni suggerimenti sulla questione del loro accompagnamento.  L’analisi che segue è altresì direttamente ispirata a un contributo collettivo[4] proposto  nel luglio 2022 al gruppo di lavoro “Transizioni professionali” della rete Emploi Compétences di France Stratégie; la pubblicazione del rapporto è prevista per questo inizio 2023. Fa anche parte della preparazione del 14° incontro KELVOA[5], organizzato a Parigi il 27 giugno 2023 proprio su questo tema.

Ma è possibile evitare una definizione quando il termine viene usato quotidianamente in relazione a tutti gli argomenti di una certa rilevanza?

"Semanticamente, una transizione è un passaggio da uno stato a un altro. Più precisamente, può essere vista come un cambiamento sistemico che porta a profonde ricomposizioni spaziali. La transizione connota l'idea di progressività, di cambiamento graduale; ma una transizione può comportare delle rotture[6]. " 

Lo scopo di una definizione è proprio quello di qualificare meglio ciò di cui stiamo parlando. E di percepire le sue diverse sfaccettature. In questo caso, l'idea di passare da uno stato all'altro può portarci a pensare alla transizione con un unico criterio distintivo: la progressività o la rapidità (brutalità) del cambiamento. Tuttavia, ciò presuppone che si passi da uno stato che possiamo definire a un altro stato che possiamo, allo stesso modo, caratterizzare. Vedremo che questo presupposto deve essere esaminato da vicino. Ma, se siamo d'accordo per il momento su questa prima definizione, la transizione è questo passaggio, questa via di mezzo da una situazione all'altra, che deve essere accompagnata. France Compétences nel suo studio la definisce come segue: una transizione professionale è considerata come qualsiasi cambiamento di professione o di status in cui gli elementi di rottura sono più importanti di quelli di continuità. Ma parlare di transizione professionale implica anche interrogarsi sul lavoro, anch’esso in transizione?

 

Il mondo del lavoro... in transizione?

Così, il CREPI (Club Régional d'Entreprises Partenaires de l'Insertion) ha pubblicato una nota di sintesi[7] , molto illuminante: Le monde du travail d’après: Comment s’adapter à un marché en transformation ? (ndt. Il mondo del lavoro di dopo: Come adattarsi a un mercato in continua evoluzione?) che estende questa complessa problematica a tutti i soggetti coinvolti e richiama l'attenzione sulle leve d'azione che possono essere mobilitate a livello aziendale.  Laurent Duclos, economista e sociologo, afferma in questa nota: Nei mercati del lavoro qualificati (caratterizzati da un'elevata selettività) sono emerse carenze di manodopera. La conseguenza logica di tale fenomeno è stata l’aumento del potere di trattativa dei soggetti attivi interessati, sia che si tratti di nuovi candidati per le posizioni richieste che di soggetti già dipendenti. La necessità di manodopera qualificata crea quindi opportunità per i dipendenti già in servizio, con alti tassi di dimissioni nel periodo che riflettono semplicemente il dinamismo del mercato. Questo pondera le eccessive speculazioni su movimenti totalmente nuovi che appaiono piuttosto come riorganizzazioni abbastanza nella norma. Sicuramente, dunque, il nostro attuale sistema altamente selettivo sul mercato qualificato (uno standard quasi indiscutibile) sembra tradursi oggi in un mero gioco contestuale in cui gli equilibri si spostano. Laurent Duclos spiega. In altri segmenti del mercato del lavoro dove i lavori di qualità inferiore sono la maggioranza, un certo numero di lavoratori è stato semplicemente in grado di "inventarsi la vita che ne consegue". Questa situazione porta ad aggiustamenti più regolari e a una certa forma di agilità, legata soprattutto alla possibile bassa qualità dei lavori svolti. Non sorprende che i dipendenti meno propensi a negoziare sulla propria posizione lavorativa abbiano imparato a gestirla come una "variabile" della propria esistenza. Da queste osservazioni risulta evidente quanto sia difficile considerare la questione del rapporto con il lavoro, e quindi la questione delle transizioni professionali, indipendentemente dalle situazioni e dalle modalità di funzionamento del mercato del lavoro. Gli adattamenti contestuali al possibile rapporto di trattativa tra l'individuo e il mercato non sono nuovi. Probabilmente li avevamo un po' persi di vista. Il che ha portato a focalizzarsi fortemente sulla questione dell'occupabilità ("rendere" la persona più occupabile secondo criteri prestabiliti), mentre molte persone hanno potuto constatare che i loro sforzi non cambiavano radicalmente questo rapporto di contrattazione a loro sfavorevole. E oggi, legittimamente, questo rapporto si sta evolvendo, inducendo a un ripensamento collettivo di queste interazioni. La responsabilità non può più essere attribuita a una sola persona che deve conformarsi alle aspettative e mostrare di essere determinata a lavorare: dobbiamo costruire uno spazio di contrattazione che crei le condizioni per un risultato positivo per tutti.  E paradossalmente, questo è un periodo propenso allo sviluppo di ideologie tenaci. Secondo un'indagine condotta per Unedic, pubblicata nei giorni scorsi[8]cresce la "diffidenza" nei confronti di chi cerca lavoro. La maggior parte dei francesi ritiene che le persone in cerca di lavoro abbiano difficoltà a trovare un impiego perché non ammettono rinunce nella ricerca stessa (60%) e non vogliono rischiare di perdere il sussidio di disoccupazione (57%, +2 punti). Invitiamo i nostri lettori a leggere l'articolo[9] "Contrôler les chômeurs : une histoire qui se répète” (ndt. Controllare i disoccupati: una storia che si ripete). E, per citare il sottotitolo, "forte delle sue convinzioni e immune alla realtà".

 

Accompagnare, dunque, i soggetti in transizione?

La riflessione può essere estesa ad altri soggetti. Tutti noi abbiamo delle convinzioni rigide sulle transizioni professionali. La ricerca di una migliore comprensione della realtà, liberandosi dai "prototipi", può aiutarci a perfezionare le risposte. France Compétences ha pubblicato il rapporto finale di uno studio nel febbraio 2022: “Parcours de reconversion professionnelle[10]” (ndt. Percorso di riconversione professionale). Lo studio si concentra sulle esperienze individuali di transizione professionale. I risultati emersi sono molteplici: un'ampia varietà di situazioni di transizione; fattori scatenanti e logiche molto diverse; molteplici modi di intendere l’accompagnamento; persone che si “arrabattano” con le risorse accessibili. Béatrice Delay, che ha coordinato lo studio per France Compétences, estende queste osservazioni ad alcune sfide per i soggetti e specifica l'impatto sulle questioni dell’accompagnamento: La pluralità dei percorsi professionali e delle aspirazioni nel campo della riconversione pone l'offerta di accompagnamento di fronte a numerose sfide: mettere in atto forme di sostegno sufficientemente regolamentate per garantire l'equità sociale e una qualità omogenea del servizio; allo stesso tempo sviluppare forme agili di sostegno che non confinino gli individui in logiche standardizzate, procedurali o predeterminate, ma li aiutino, attraverso l'ascolto, a costruire il loro percorso professionale. Continua: tale obiettivo presuppone: partire da situazioni eminentemente singolari e utilizzare modalità di sostegno flessibili e su misura; innescare occasioni di immersione e rendere le esperienze frequentate dai destinatari materiale di lavoro per l’accompagnamento.

E questo apre la riflessione sull’accompagnamento dei soggetti in transizione e sui suoi obiettiviAppare quindi fondamentale liberarsi dai modelli cronologici riproducibili per orientarsi verso approcci differenziati e permanentemente riadattati, in cui non è tanto il progetto (lo scopo individuato) a organizzare il processo di transizione, ma un'attenzione più ampia alle opportunità più rilevanti in una determinata situazione Si tratta quindi di un movimento iterativo che articola esperienze e feedback su queste esperienze. Nel contributo collettivo per il gruppo di lavoro France Stratégie, evidenziamo: L’accompagnamento può essere finalizzato, dunque, non a stabilire a monte delle intenzioni (un progetto ben identificato e convalidato, un target di lavoro a cui attenersi, ecc.), ma ad avviare e mantenere una certa dinamicità - evitando così di concentrarsi su un obiettivo fisso che inibisce le possibilità di sperimentare nonché le aperture che l’esperienza stessa può generare. L’accompagnamento aiuta la persona a sviluppare "un'attenzione (...) e una capacità di far evolvere la propria intenzione per trasformarla lungo il percorso" [11][11]. L'intenzione scaturirà dall'attenzione.

In breve, l' accompagnamento come esperienza dell’esperienza accompagnata stessa[12], come scrive graziosamente Solveig Grimaud.

 

Prospettive

Per avviare il dibattito sull’accompagnamento alla transizione e tornare alla definizione iniziale, stiamo parlando di passare da una situazione stabile a una nuova situazione stabile? O non possiamo forse osservare oggi un processo più permanente di aggiustamenti regolari che porta ogni persona a rimettere in discussione con una certa frequenza il proprio rapporto con il lavoro e la propria vita professionale?  Porre la domanda in questi termini significa rispondere parzialmente. L'accompagnamento delle persone in transizione ha necessariamente due facce: la prima riguarda il sostegno nei processi decisionali nel qui e ora o meglio nel breve e medio termine (cosa fare domani?); l’altra è un processo meno cronologico e lineare che si riferisce più al supporto durante la vita lavorativa (come condurre la propria vita lavorativa e anticipare ciò che può verificarsi). In breve, trasporre alle questioni delle transizioni professionali una dialettica attuale che articola prevenzione (pensare al processo nella sua continuità) e decisione (agire in modo pertinente alla situazione, qui e ora). Questo ci ricorda le domande poste all'inizio sulla transizione ecologica.

E che ci interrogano tutti, i soggetti accompagnati, i professionisti e le autorità pubbliche, sui nostri "modi di essere" e di prevedere il futuro in tempi molto incerti.

Avremo l'opportunità di approfondire tutte queste questioni, sviluppando i vari punti durante il 14° incontro KELVOA “Accompagner les personnes en transition professionnelle” (ndt. Accompagnare le persone in transizione professionale) che si terrà a Parigi il 27 giugno 2023.

Andret Chauvet

- 14ème rencontre KELVOA « Accompagner les personnes en transition professionnelle aujourd’hui » à Paris le 27 juin 2023 2023: https://www.kelvoa.com/accompagner-personnes-transition-professionnelle/

- contribution collective de Béatrice Delay, Anne Fretel, Solveig Grimault et André Chauvet proposée en juillet 2022 au groupe de travail « Transitions professionnelles » du Réseau Emploi Compétences de France Stratégie: https://www.kelvoa.com/contribution-au-groupe-de-travail-transitions-professionnelles/

- Grande démission : vraiment ? https://epale.ec.europa.eu/fr/blog/grande-demission-vraiment

- Tensions de recrutement : transitoires ou désertion durable ?: https://epale.ec.europa.eu/fr/blog/tensions-de-recrutement-transitoires-ou-desertion-durable

Note de synthèse du CREPI : Le monde du travail d’après

- Baromètre de la perception du chômage et de l’emploi / Volet 4: https://elabe.fr/unedic-barometre-chomage-4/

- Éditorial. Contrôler les chômeurs : une histoire qui se répète (forte de ses croyances et à l’abri des réalités) par Anne Fretel, Béatrice Touchelay, Marc Zune Dans Revue Française de socio-économie 2018/1 N) 20 page 9 à 25 : https://www.cairn.info/revue-francaise-de-socio-economie-2018-1-page-9.htm

- Article de Solveig Grimaud, l’accompagnement comme expérience de l’expérience accompagnée, Revue OSP, 50/1, 2021: https://journals.openedition.org/osp/13813

 

[2] Tensions de recrutement : transitoires ou désertion durable ?

https://epale.ec.europa.eu/fr/blog/tensions-de-recrutement-transitoires-ou-desertion-durable

[4] Contribution collective de Béatrice Delay, Anne Fretel, Solveig Grimault et André Chauvet proposée en juillet 2022 au Groupe de travail « Transitions professionnelles » du Réseau Emploi Compétences de France Stratégie

https://www.kelvoa.com/contribution-au-groupe-de-travail-transitions-professionnelles/

[8] Baromètre de la perception du chômage et de l’emploi / Volet 4

 https://elabe.fr/unedic-barometre-chomage-4/

[9] Éditorial. Contrôler les chômeurs : une histoire qui se répète (forte de ses croyances et à l’abri des réalités) par Anne FretelBéatrice TouchelayMarc Zune Dans Revue Française de Socio-Économie 2018/1 (n° 20), pages 9 à 25https://www.cairn.info/revue-francaise-de-socio-economie-2018-1-page-9.htm

[11] Chauvet, A., 2018, « Conseil et accompagnement par temps incertains : entre agilité et médiation du sens », Education permanente, hors-série AFPA, p. 23.

[12] Article de Solveig Grimaud, l’accompagnement comme expérience de l’expérience accompagnée, Revue OSP, 50/1, 2021 https://journals.openedition.org/osp/13813

 

 

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