Teatro, migrazioni ed educazione. Intervista a 360° al regista Edoardo Zucchetti che ci parla dei suoi progetti in corso.

Sono sempre di più al giorno d’oggi le sinergie tra il mondo del teatro, il fenomeno delle migrazioni, l’educazione e la formazione delle persone. Ognuno di essi è importante, talvolta fondamentale, per l’altro. Le caratteristiche di uno si sposano e convivono nelle peculiarità dell’altro e insieme si impreziosiscono, offrendo una panoramica più ampia, profonda, trasversale e completa.
Nel corso degli anni l'Unità EPALE Italia si è focalizzata su queste tematiche organizzando seminari, workshop e momenti di formazione. Collabora tutt’ora con realtà che mostrano come il teatro possa essere un luogo magico di apprendimento, di formazione, partecipazione, comunicazione ed inclusione sociale. Può dare avvio ad una nuova vita e ad una rinascita se pensiamo alle attività nelle case circondariali e nei contesti di accoglienza.

Edoardo Zucchetti, cantastorie fiorentino, come piace definirsi, è un regista di opera, prosa e cinema tra Europa e Stati Uniti che dal 2009 dà voce a storie nascoste come documentarista indipendente raccontando la vita di artisti, amici e rinnegati dalla società (segretamente i suoi preferiti). Tra le sue opere più recenti: Patti in Florence (Festival dei Popoli), La Gioia del Gesto (Sky Classica HD) e Futura (Comune di Firenze). Dal 2017, con Migrazioni Project porta in scena il fenomeno delle migrazioni in un racconto sfaccettato tra le arti che unisce esperienze personali (regista senza permesso negli USA). E’ l’esempio di colui che ha unito insieme i quattro mondi (teatro, migrazioni, educazione e formazione) partendo dal suo habitat naturale, il teatro, fino ad arrivare a quello della formazione, attraverso la progettazione, il racconto, la scoperta e la condivisione. Il suo ultimo progetto BANCO DI PROVA è un’esperienza totalmente nuova per lui come andremo a vedere nella nostra intervista, nella quale sta provando sensazioni ed emozioni gratificanti, specialmente dopo un 2020 funesto che ha colpito duramente l’universo della cultura e dei rapporti umani.
Data per certa la tua passione per il teatro, ci racconti da dove nasce il tuo interesse per il tema delle migrazioni?
ll tema delle migrazioni nasce quando frequentavo le scuole medie, l’ora di attualità era la mia preferita. Una professoressa molto brava ci fece portare a scuola delle riviste per analizzare gli articoli sulla guerra in Kosovo. Le foto di quei giornali erano molto forti e purtroppo sono immagini che si ripetono in ogni reportage di guerra (città rase al suolo, fiamme, abbandono, famiglie che fuggono, bambini orfani), immagini che mi hanno fatto pensare a quanto siamo fortunati noi ad esser nati in Italia negli anni ’80. Dopo i primi spettacoli da regista e un sistema teatrale ripiegato su se stesso nel non dare spazio alle giovani generazioni (giovani si è a 20 anni, non a 30) ho deciso di creare un mio progetto, che avrei sviluppato indipendentemente, per lasciare un segno. L’interesse da cittadino sugli ultimi, si è tramutata in voglia di raccontare questo fenomeno delle migrazioni con arte, foto, cinema e teatro; perché dopo l’immediatezza narrativa del giornalismo, solo l’arte può testimoniare, lasciar traccia e sensibilizzare a medio lungo termine su questo argomento. L’ispirazione che ha segnato la “svolta” per mettermi in azione “reagire" sono stati artisti e testimoni impegnati a livello globale sul tema migrazione, che con le loro opere hanno lasciato il segno. Ne riassumo qualcuno: i libri, Lacrime di Sale di Pietro Bartolo e Se i delfini venissero in aiuto di Erri De Luca, le Installazioni tra Grecia e Italia di AiWeiWei, l’installazione fotografica Ghost of Ellis di JR ad Ellis Island, i film Fuocammare di Gianfranco Rosi e lo spettacolo teatrale The Jungle dello Young Vic Theatre di Londra.

Il Teatro e le migrazioni sono sempre più due mondi complementari. Secondo la tua esperienza, il teatro può essere considerato solo un mezzo di comunicazione di questa tematica o può e deve essere un valido strumento che offre apprendimento, conoscenza e integrazione?
Il teatro esiste e si rigenera da secoli grazie alle migrazioni e l’interconnessione tra culture. Ne sono un esempio i macchinisti teatrali che in antichità erano marinai d’estate e macchinisti d’inverno (il teatro era come una nave, legno, corde, contrappesi), oppure Tristano Martinelli che tra 1500 e 1600 andava di corte in corte per tutta Europa con la sua maschera di Arlecchino arrivando fino a Bakary, ragazzo - rifugiato di 20 anni che dopo due anni di viaggio dal Gambia all’Italia (piedi, camion, pullman, gommone) ha trovato una nuova vita a Livorno, fra campi di calcio e teatro, una testimonianza viva che porteremo a scuola e poi in teatro nella Fase 3 del progetto Banco di prova.
In che modo, secondo te, il teatro può essere d’aiuto per l’integrazione di una persona migrante e per favorire l’inclusione sociale in senso generale?
Ci sono tanti modi, ma io ti riassumo i miei preferiti: stando davanti alla scena come attore o dietro come tecnico. Da venti anni circa, i facchini stranieri di ogni provenienza hanno sostituito i facchini italiani (vale per i grandi teatri e la musica live), perché conveniva a chi li assumeva e perché i ragazzi italiani non avevano voglia di durare fatica. Ma adesso questi signori che hanno iniziato come facchini, stanno diventando ottimi macchinisti ed elettricisti teatrali e gradualmente sostituiscono i maestri Italiani che non hanno voluto o potuto tramandare il mestiere. Altresì noi autori e registi abbiamo intorno a noi dei mondi epici da raccontare che gradualmente stanno venendo a galla e quindi è nostro compito portare in scena le storie degli ultimi, con attori professionisti, o come ci hanno insegnato Rossellini e Pasolini con i protagonisti stessi di queste vicende.

Su quali progetti stai lavorando al momento su questo tema?
BANCO DI PROVA, un progetto di approfondimento culturale, che durerà per tutto il 2021, rivolto alle giovani generazioni, sul tema dei movimenti migratori. Esso punta a nutrire le idee di convinzioni, di esperienze positive e di consapevolezza critica e ad individuare i ponti e canali di comunicazione fra diversi schieramenti di pensiero. BANCO DI PROVA si colloca come tassello evolutivo più ampio di Migrazioni Project, una diffusa ricognizione artistica che indaga e racconta la storia degli uomini nei loro spostamenti, costretti o volontari, individuali e di gruppo, da un'area geografica ad un’altra, in un laboratorio analogico e digitale in continuo divenire. MIGRAZIONI PROJECT ha raccolto e continua a raccogliere contributi in diverse forme (teatro, cinema, fotografia, street art, musica, opera, grafica, scrittura) per costruire, attraverso l'interconnessione di tutte le arti esistenti e in via di sviluppo, un racconto sfaccettato e complesso del fenomeno migratorio dei popoli. Nato da un personale studio a 360° sulla continua ricerca di un luogo a cui appartenere, e con l'ambiziosa prospettiva di svilupparsi ed evolvere nel corso dei prossimi 30 anni. Nel 2021 si concretizza significativamente in BANCO DI PROVA grazie all'esperienza del Teatro di Rifredi sul terreno dell'offerta culturale alle giovani generazioni. E’ un progetto mastodontico, che spero di raccontare anche in un film documentario che vorrei presentare al Giffoni Film Festival, ma prima di sognare, dovremmo trovare il modo di finanziarlo.

Nel progetto Banco di Prova che stai sviluppando affronti il tema delle migrazioni affrontando il concetto di “mobilità delle idee” che accompagna la mobilità delle persone. Cosa significa? Qual è l’obiettivo di questo approccio?
Spesso i ragazzi ci hanno detto: “io non ho storie di migrazione da raccontare” e dieci giorni dopo, scopriamo invece che hanno due compagni di classe che vengono dall’Albania, uno dall’India, l’altro da Afragola e via così… Quindi l’approccio è poliedrico e multiculturale, noi entriamo in contatto con i ragazzi parlando di street-art, cibo, musica, fotografia, cinema, antenati, ecc… Cerchiamo di farli parlare tra loro, sembra assurdo, ma li mettiamo in contatto, mettiamo in contatto le loro idee ed i loro dubbi cosi che son loro stessi a cambiarle e rendersi conto che hanno vicino a loro dei mondi da esplorare. L’intelligenza di questi ragazzi è sottovalutata, in primis dalle famiglie dell’ultimo ventennio, spesso iper protettive.

Tanti adulti mi dicono che non riescono a comunicare con i ragazzi, che stanno zitti, ma leggendo i loro temi e parlandoci io trovo che hanno solo bisogno di esprimersi. Io stesso avevo bisogno di esprimermi, ma l’ho capito da solo all’Università scoprendo cinema e teatro. Il problema è che fra pandemia e internet sono risucchiati in un mondo fantascientifico, che al momento li priva anche delle esperienze “più semplici” come mangiare insieme una pizza al ristorante, andare ad un concerto, fare una festa in casa etc. Quindi per andare oltre questa alienazione (che accompagna anche noi Millennials), oltre il periodo storico, se pur con tutte le precauzioni del caso, ci siamo inventati dei workshop primaverili, ispirati al lavoro del Watermill Center di Bob Wilson con cui lavoreremo tre ore la settimana insieme ai ragazzi, nel giardino della scuola, per costruire una performance che porteremo al Teatro di Rifredi a fine Maggio. Creeremo un dream team volontario e lavoreremo insieme e separatamente come una squadra tra: teatro, musica, video, fotografia, pittura, sport e movimento. Io seguirò il tutto, compresa la parte dei video, Luisa Cattaneo seguirà la parte di Teatro, Movimento, Parola, Vieri Raddi - Musica, Ritmo, Parola, il fotografo Marco Borrelli la parte di Fotografia.
Un percorso nuovo, coinvolgente e stimolante sia per te che per gli studenti che si spinge oltre la tua professione di regista. Quali sensazioni stai provando nel rapportarti con loro e quali difficoltà, ammesso che ci siano, stai riscontrando?
Un percorso incredibile, prima di tutto perché lo stiamo facendo in un anno epocale e poi perché se io avessi avuto una scuola come l'ITT Marco Polo e un preside come Ludovico Arte, adesso non farei questo mestiere, nel bene e nel male. Quando succede che i ragazzi mi danno del Lei, mi sento morire e quando mi chiamano Prof., penso che mi piacerebbe tanto insegnare. Loro nascevano mentre io iniziavo l’Università. Sulla carta sembra un divario epocale, ma alla fine mi viene naturale stare con loro a chiacchierare, lo faccio in maniera vulcanica. I loro Professori adesso che mi conoscono mi prendono anche in giro perché sono vulcanico, avvolte sovrasto anche i miei compagni di viaggio Luisa e Vieri, ma loro hanno capito che questo entusiasmo mi viene dal cuore e l’adrenalina che mi circola nelle vene fa che io passi giornate intere a leggere i temi, scavare nella mia libreria e portare loro riviste, libri di Obey, Montanari, Sestini, JR…

Ma dalle reazioni dei professori e dei genitori che sono venuti a sapere del progetto, ho capito che servirebbero anche agli adulti. Credo che il teatro fine a se stesso (testo - prove - spettacolo - incasso - borderò ministeriale) sia in via di estinzione se non ci rimbocchiamo le maniche noi millennials per garantire un passaggio di consegne tra chi è al timone dei teatri da 40\50 anni. In un anno di pandemia a Firenze non siamo riusciti a riunirci tra artisti e strutture per capire cosa e dove vogliamo andare nei prossimi 30 anni. A differenza nostra i ragazzi hanno poche certezze ma simili tra loro: andare all’Università, fare l’Erasmus, fare la specialistica all’estero, imparare il Giapponese, l’Inglese e non limitarsi a coltivare il proprio orticello.
Puoi approfondire meglio questo discorso?
Noi finiamo la Fase 1 del progetto con “Cara Italia” di Ghali e quando torniamo in classe adesso, per la Fase 2, non ci presentiamo a mani vuote, ma con una canzone rap fatta da Vieri, il cui testo viene sempre e solo dai temi dei Ragazzi. Per loro è una grande sorpresa, per noi un modo per scaldare l’ambiente e iniziare a indagare su dove loro vorrebbero andare un domani. I ragazzi di prima e seconda, sono arrivati a scuola con la Pandemia, ancora devono vedersi bene in faccia (hanno le mascherine da Settembre) e capire come sarebbe veramente il Liceo. Ma i ragazzi di terza, quarta e quinta, sanno già che andranno all’estero a fare esperienza. Chi vuol andare a Londra, chi in Australia, negli Stati Uniti, chi in Asia, ma c’è anche chi vuol tornare nel paese di origine. Ma le note più simpatiche sono il fatto che hanno chiaro cosa sia l’Erasmus e talvolta conoscono già la meta e la maggior parte degli studenti si è iscritto al corso di Giapponese della scuola, preferendolo al Cinese ed Arabo. Allora non ci siamo fatti sfuggire l’occasione di indagare ed effettivamente abbiamo scoperto che molti di loro sono affascinati dal Giappone più che da ogni altro paese.

La fase finale di questo percorso terminerà nell’autunno 2021 con “Eneide Pro”, una produzione teatrale appositamente realizzata da Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi. Lo spettacolo sarà solo il frutto della rielaborazione dell'esperienza degli incontri e dei materiali raccolti nelle fasi precedenti o avrà anche come fonte di ispirazione qualche storia in particolare?
Di Eneide Pro ad ora ho solo il titolo, due membri del cast (Vieri e Luisa) e l’idea di fare un mix tra antico e contemporaneo tra l’opera originale di Virgilio, alcune storie raccolte dall' Archivio Diaristico Nazionale ed in particolare modo due pubblicazioni del DIMMI Diari Multimediali Migranti. Ma non mi limiterò a queste fonti di ispirazione perché nel leggere i temi dei ragazzi ci sono storie altrettanto belle ed interessanti, dai nonni di un ragazzo arrivato dall’Albania con la nave Vlora, ad una ragazza che ha fatto il viaggio dalla Colombia con madre e fratello per stabilirsi qua, un’altra ragazza venuta dalla Grecia, come Enea. Appena sarà possibile andrò anche a Lampedusa a vedere con i miei occhi la porta del mediterraneo di Pistoletto, il cimitero delle Barche, dove raccoglierò storie e spunti per creare uno spettacolo che parli a tutti e non solo ai ragazzi. Perché non credo sia giusto fare uno spettacolo solo per ragazzi, ma fare uno spettacolo che parli a tutte le generazioni.
Raccontaci meglio della collaborazione con Archivio Diaristico Nazionale – DIMMI Diari Multimediali Migranti?
La collaborazione con l’Archivio Diaristico Nazionale – DIMMI Diari Multimediali Migranti per me è un onore. Saverio Tutino che fondò (grazie anche alla Ginzburg) questo spazio della memoria, è stato amico di Garcia Marquez e Nanni Moretti; quindi contribuire anche in minima parte al suo progetto per me è un onore. Diffondere l’idea che ognuno di noi può lasciare lì traccia della sua vita o di quella dei chi gli è caro per me è un dovere. Per questo io stesso sto tenendo un diario giornaliero scritto a mano del percorso di BANCO DI PROVA. I temi dei ragazzi saranno archiviati presso l’archivio, idem per le recensioni che faranno dell’Eneide. Infine quando i ragazzi mi dicono che hanno dei diari di famiglia, li metto in contatto con l’Archivio, nel caso volessero lasciarne una copia. Mentre per quanto riguarda il progetto DIMMI invece ospiteremo Bakary a raccontare la sua storia di viaggio e integrazione grazie a: calcio, teatro e scrittura.
Questa iniziativa andrà ad inserirsi in quello che è il tuo “progetto contenitore” dal nome Migrazioni Project, a cui già hai accennato, ci racconti qualcosa in più?
Migrazioni Project è un'indagine artistica che ho ideato, che approfondisce e racconta la storia degli uomini nei loro spostamenti: individuali e in gruppo, da un'area geografica a un’altra, costretti o volontari. Cercherò di raccogliere contributi in diverse forme (teatro, cinema, fotografia, street-art, musica, opera, grafica, scrittura) per costruire, attraverso l'interconnessione di tutte le arti esistenti e in via di sviluppo, un racconto sfaccettato e complesso del fenomeno migratorio dei popoli, in viaggio verso terre diverse da quella di origine a causa di sovrappopolazione, mutazioni climatiche, carestie, competizione territoriale con altre popolazioni, ricerca di migliori condizioni di vita vere o presunte. Nato da un personale studio ad ampio raggio sulla continua ricerca di un luogo a cui appartenere, e con la prospettiva di svilupparsi ed evolvere nel corso di 30 anni (scade nel 2050), nel 2021 approderà sulle tavole del palcoscenico del Teatro di Rifredi con la compagnia Pupi e Fresedde, in una collaborazione che intreccerà teatro, arte, scrittura, formazione scolastica, grafica, film e letteratura.
di Giacomo Scarzanella

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Contenuti fotografici @Marco Borrelli
BANCO DI PROVA, un progetto di Edoardo Zucchetti con Luisa Cattaneo e Vieri Raddi. Prodotto da Pupi e Fresedde-Teatro di Rifredi in collaborazione con ITT Marco Polo con il contributo della Fondazione CR Firenze; con il patrocinio di Regione Toscana e del Comune di Firenze; con la collaborazione del Tavolo regionale di Educazione alla cittadinanza globale; Fondazione Archivio Diaristico Nazionale - onlus; Centro Interculturale di Pontassieve; Progetto Arcobaleno onlus.
Edoardo Zucchetti Cantastorie fiorentino, nasce nel 1986 e si fa strada fino ad oggi firmando regie di opera, prosa e cinema tra Europa e Stati Uniti. Inizia presto a formarsi sul campo con Marco Gandini, Franco Zeffirelli, Jonathan Miller e Terry Gilliam per l'opera; Angelo Savelli, Cristina Pezzoli e Daniele Salvo per la prosa; Pupi Avati, Ron Howard e Michael Bay per il cinema. Nel 2009 inizia una proficua collaborazione con Angelo Savelli per molti progetti del Teatro di Rifredi per i quali è stato assistente alla regia, tra questi La Bastarda di Istanbul tratto dal best seller di Elif Shafak, inoltre nel 2015 firma con Savelli la regia dello spettacolo Aristofane Utopia. Sempre dal 2009 dà voce a storie nascoste come documentarista indipendente raccontando la vita di artisti, amici e rinnegati dalla società (segretamente i suoi preferiti). Tra le sue opere più recenti: Patti in Florence (Festival dei Popoli), La Gioia del Gesto (Sky Classica HD) e Futura (Comune di Firenze). Dal 2017, con Migrazioni Project porta in scena il fenomeno delle migrazioni in un racconto sfaccettato tra le arti che unisce esperienze personali (regista senza permesso negli USA), incontri (Massimo Sestini, Mimmo Lucano, Pietro Bartolo), spettacoli teatrali (Provino, Le Nuvole) e fotografia (Louisiana, Riace, Ellis Island), in prospettiva di realizzare un film documentario sul tema dello Ius Soli.
PER INFORMAZIONI 055/422.03.61 - www.toscanateatro.it staff@toscanateatro.it, Teatro di Rifredi via Vittorio Emanuele II, 303 - 50134 Firenze - Cristina Banchetti ufficiostampa@toscanateatro.it