European Commission logo
Accedi Crea un account
Puoi selezionare più parole separandole con la virgola

EPALE - Piattaforma elettronica per l'Apprendimento permanente in Europa

Blog

L’evoluzione del trattamento dell'endometriosi: la ricerca del professor Horace Roman

Horace Roman è chirurgo ginecologico presso l'IFEM di Bordeaux e si dedica alla ricerca sull'endometriosi e sul suo trattamento.

Horace Roman, chirurgo ginecologo presso l'IFEM di Bordeaux, da poco più di dieci anni si dedica esclusivamente alla ricerca sull'endometriosi e sul suo trattamento. Ci apre le porte dell'IFEM di Bordeaux per offrirci una prospettiva medica sull'endometriosi, il suo sviluppo storico e i suoi trattamenti. Questa intervista fa parte del progetto europeo #ENDOs, guidato dall’agenzia internazionale LABA e che riunisce 9 partner di 5 Paesi diversi con l'obiettivo di far conoscere l'endometriosi e incoraggiare l'autonomizzazione delle donne affette dalla malattia. 

Può presentarsi?

Sono Horace Roman e sono un chirurgo ginecologo che da oltre 12 anni si occupa esclusivamente di endometriosi. Sono professore universitario di chirurgia dell'endometriosi presso l'Università di Aarhus in Danimarca e uno dei fondatori dell'Institut Franco-Européen Multidisciplinaire d'Endométriose (IFEM) di Bordeaux.

Quali fattori potrebbero spiegare il cambiamento dell’incidenza dell'endometriosi nella società moderna rispetto ai secoli passati?

L'endometriosi è una malattia che colpisce solo la specie umana, cioè non si riscontra negli animali, tranne che in alcuni primati. È una malattia di origine ginecologica che si sviluppa con le mestruazioni. Per tutta una serie di motivi, nel corso della storia dell'umanità, le donne non hanno mai avuto così tanti cicli mestruali come negli ultimi 50 anni.

In passato, le donne rimanevano incinte molto presto, allattavano a lungo e, di conseguenza, spesso andavano incontro ad amenorrea (assenza di mestruazioni). Avevano più gravidanze, una dopo l’altra, e spesso morivano intorno ai 35-40 anni. Oggi l'età del menarca è sempre più precoce, l'età della prima gravidanza è sempre più tardiva (oltre i 30 anni), il numero di figli è sempre inferiore e l'allattamento al seno è sempre più breve. Il numero di cicli mestruali è quindi fortemente aumentato, il che favorisce lo sviluppo dell'endometriosi. C'è anche il probabile impatto di alcuni inquinanti e interferenti endocrini. Tutto ciò spiega perché abbiamo l'impressione che l’incidenza di questa malattia sia aumentata negli ultimi 50 anni.

Secondo lei, quali sono stati gli ostacoli storici a una corretta presa in carico dell'endometriosi e come vengono superati oggi?

L'endometriosi è stata descritta per la prima volta a metà del XIX secolo, ma le sue conoscenze si sono sviluppate in modo straordinario negli ultimi 50 anni, e soprattutto negli ultimi 20. Quando ero uno specializzando, oltre 20 anni fa, si parlava pochissimo di endometriosi.  Eravamo quasi incapaci di fare una diagnosi quando ci trovavamo di fronte a una paziente che arrivava al Pronto Soccorso con dei dolori ad essa correlati.

Negli ultimi 20-30 anni si è accumulata un'incredibile quantità di conoscenze. Tuttavia, resta ancora molto da fare in termini di diagnosi e trattamento. In passato, l'endometriosi era praticamente ignorata da medici e pazienti. Oggi, è una malattia molto comune, ma ancora poco conosciuta dalla popolazione interessata e dai medici non specializzati.

Il problema principale è il tempo necessario per diagnosticare la malattia, che nei Paesi sviluppati va dai 7 ai 10 anni. Questo perché i sintomi dell'endometriosi, come i dolori mestruali, non sono specifici. Per esempio, la dismenorrea (dolore durante le mestruazioni) è cinque volte più comune nelle donne senza endometriosi rispetto a quelle che ne sono affette. Questa mancanza di specificità rende difficile la diagnosi.

La diagnostica per immagini (ecografia, risonanza magnetica) riesce a individuare la presenza della malattia solo negli stadi in cui le lesioni sono sufficientemente grandi da essere visibili. Da qui l'enorme interesse per i biomarcatori e in particolare per il test salivare, disponibile dallo scorso anno e molto promettente. Potrebbe consentire di diagnosticare l'endometriosi senza dover ricorrere alla laparoscopia, che rimane una procedura invasiva.

Ha evocato la diagnostica per immagini. Quali sono gli ultimi sviluppi in questo settore? Hanno migliorato la diagnosi di endometriosi?

Nello sviluppo delle conoscenze sull'endometriosi, ci sono state due importanti scoperte, che presto diventeranno tre. La prima è la laparoscopia o celioscopia, che consente a una telecamera di entrare nell'addome della paziente per osservarne da vicino il peritoneo. In questo modo è stato possibile identificare lesioni ormai riconosciute come lesioni endometriosiche. Negli anni '70, sono apparse numerose pubblicazioni che descrivono queste lesioni e, da allora, è stato possibile diagnosticare l'endometriosi senza dover aprire lo stomaco della paziente.

Il secondo grande progresso è la risonanza magnetica, che ci permette di vedere le lesioni endometriosiche profonde in 3D. Questo ci permette di visualizzare meglio i confini delle lesioni e di intervenire con maggiore precisione. Il terzo potenziale progresso è il test salivare, che potrebbe consentire una diagnosi più rapida e meno invasiva, soprattutto nei casi in cui la risonanza magnetica non è sufficientemente determinante.

Pensa che questi progressi stiano aiutando a cambiare il modo in cui le donne vivono la propria malattia e il modo in cui la comunità medica guarda a ciò che provano?

Questi progressi consentono ai medici specializzati in endometriosi di lavorare meglio e di ottenere risultati migliori, ma non cambiano automaticamente il modo in cui il pubblico in generale o i medici non specializzati percepiscono e affrontano la patologia. Ecco perché ritengo che iniziative come la vostra, di divulgazione e informazione, siano fondamentali. Conferenze, campagne informative e azioni in vari Paesi stanno contribuendo ad aumentare la consapevolezza su questa malattia.

C'è qualcos'altro che vorrebbe aggiungere?

Trovo interessante l'impatto che i progetti culturali possono avere sulla sensibilizzazione a malattie come l'endometriosi, che spesso sono invisibili. La collaborazione con gli artisti e la comunità medica può avere davvero un peso, soprattutto nel contesto delle malattie croniche. I progetti di informazione devono coinvolgere la comunità medica per garantire che il messaggio trasmesso sia corretto e scientifico, in modo da non diffondere panico o teorie del complotto.

Ora che è un insegnante, nota qualche cambiamento nella consapevolezza su questa malattia da parte degli studenti rispetto a 20 anni fa? 

Assolutamente sì. La formazione degli studenti nel 2020 non ha nulla a che vedere con la formazione che ho ricevuto io nel 2000. Fino all'ultimo anno di specializzazione, non avrei potuto diagnosticare l'endometriosi. Oggi gli specializzandi, anche quelli che non lo sono in ginecologia, pensano all'endometriosi quando visitano una paziente che accusa dolore pelvico. Da 3 anni, è stato inserito un capitolo specifico sull’endometriosi che ho redatto personalmente nel 2018, nel programma dell’esame di abilitazione nazionale. Questo significa che tutti i medici specialisti ricevono, ormai, una formazione su questa malattia. 

Grazie mille per la sua testimonianza. Si tratta di informazioni molto interessanti.

Grazie, è stato un piacere.

Per saperne di più sul progetto: www.endostories.eu

I partner del progetto: 

Le LABAVulgaroo (Bordeaux, France)L'Agence créative (Bordeaux, France)Endométriose Academy (Bordeaux, France)Momentum Educate + Innovate (Irelande)University of Turku (Finlande)Stockholms Kvinnohistoriska (Suède)Università degli studi di Palermo (Italie)National University of Ireland Maynooth (Irelande)Digital Narrative Medicine (Italie)

{ Traduzione : NSS EPALE France }

Likeme (4)