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Il Cammino come trasformazione per ragazzi in messa alla prova

Il 30 ottobre 2019 ha avuto luogo una giornata di studi sul “Cammino a piedi come esperienza per i minori e giovani in messa alla prova” che ha visto riuniti molti esperti sia in ambito giuridico sia pedagogico sia educativo, per confrontarsi su questa esperienza e trarre spunti per buone pratiche future, sulla base della valutazione qualitativa diretta dal prof. Massimiliano Fiorucci e realizzata dalla prof. ssa Elena Zizioli del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di RomaTre. Questa è la restituzione della prof.ssa Patrizia Corasaniti, referente nazionale Epea.

Articolo di Patrizia Corasaniti

“Il cammino è stato un modo per scoprire i propri limiti e superarli”, “è stato un rimettersi in gioco”, “un andare con la testa altrove, per riposare la mente e accogliere pensieri nuovi”, “il cammino è stato uno stare insieme in modo diverso rispetto alla vita in comunità”, “sperimentare rapporti più forti e intensi tra i membri del gruppo”, “sentire che ci sono persone su cui poter contare (gli operatori), che non si è soli”. Queste sono alcune delle frasi pronunciate dai 3 ragazzi in messa alla prova dal Tribunale per i Minorenni di Roma, all’indomani del Cammino da loro percorso nello scorso mese di ottobre: un pezzo della via Francigena, da Bolsena a Roma, accompagnati da operatoti specializzati nella relazione d’aiuto; un progetto realizzato in collaborazione con il Centro per la Giustizia Minorile (CGM), l’Ufficio Servizio Sociale Minorenni (USSM) e il Dipartimento di Scienze della Formazione di Roma Tre,  che ha ricevuto il sostegno della Regione Lazio, del Centro Italiano di Studi Compostellani e della Onlus Inventare Percorsi.

Il 30 ottobre 2019, presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, ha avuto luogo una giornata di studi sul “Cammino a piedi come esperienza per i minori e giovani in messa alla prova” che ha visto riuniti molti esperti sia in ambito giuridico sia pedagogico sia educativo, per confrontarsi su questa esperienza e trarre spunti per buone pratiche future, sulla base della valutazione qualitativa diretta dal prof. Massimiliano Fiorucci e realizzata dalla prof. ssa Elena Zizioli del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di RomaTre.

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Gli interventi sono stati numerosi ed estremamente interessanti e sarebbe impossibile riportarli tutti e, pertanto, mi scuso sin d’ora.

La Presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma, dott.ssa Alida Montaldi, che ha percorso a piedi, camminando a fianco dei  ragazzi,  l’ultima tappa del Cammino, afferma di aver partecipato a questa esperienza con molta consapevolezza del suo significato profondo e con l’auspicio che, per questi ragazzi, l’incontro con la giustizia  rappresenti uno spazio in cui davvero si possa percorrere un Cammino, un Cammino che riesca a dare “spazio” alla persona. La Presidente ribadisce questa sua convinzione citando alcuni versi della poesia “Caminante” di Antonio Machado “Viandante, non esiste il sentiero, il sentiero si traccia camminando….Camminando si traccia il cammino e volgendo lo sguardo alle spalle si vede il sentiero che mai più si tornerà a calcare….Viandante, sono le tue orme il sentiero e null’altro…”.

Il Garante Regionale delle persone private della libertà, Stefano Anastasìa, auspica che questa esperienza possa insegnare tanto al mondo e al sistema della Giustizia in Italia poiché si possono garantire i diritti dei ristretti solo se la privazione della libertà viene considerata come misura estrema di esprimere la pena. Quando si riesce a proporre dei percorsi alternativi al sistema retributivo, si compie un servizio utile anche a coloro i quali scontano la loro pena in carcere.

Marta Bonafoni, Consigliere Regionale Lazio – tra gli enti finanziatori del progetto – è convinta che questo contributo offerto al progetto dalla Regione Lazio sia stato uno dei migliori investimenti da quando ricopre il ruolo di Consigliere Regionale in quanto la voce “costi” dell’investimento ha assunto una nuova veste, quella di impatto sociale. Inoltre, con questa esperienza è stata data risposta al dettato costituzionale perché mette al centro il “recupero, la rieducazione, il cambiamento”. E poi, sottolinea Marta Bonafoni, si è potuto “accoppiare” il tema del recupero del reo con il tema della bellezza: la bellezza della natura, la bellezza dei paesaggi e dell’ambiente, la bellezza del silenzio, la rassicurante bellezza di quei passi poggiati sul terreno uno dopo l’altro. Ritrovarsi improvvisamente ma consapevolmente a contatto con tanta bellezza – dalla quale molto spesso questi ragazzi sono per ovvi motivi distolti - rappresenta un richiamo alla responsabilità sociale della persona che inizia a percepire il peso del proprio impatto sulla natura e sul mondo e l’importanza di prendersene cura. Infine, dice Marta Bonafoni: “ogni tanto si inciampa, ma da quell’inciampo si cresce, si cambia, si può respirare una nuova condizione”.

Luca Ansini, Presidente della Onlus Setting in Cammino, presenta il progetto e come questo sia stato costruito a fronte di un lungo lavoro di connessione tra soggetti pubblici e privati. Un processo, quello della connessione tra pubblico e privato, che ha rappresentato quasi un processo parallelo a quello del Cammino: il desiderio di “sintonizzarsi” e, pertanto, la necessità di individuare il passo del gruppo che si differenzia dal passo del singolo, ha facilitato l’accettazione dell’alterità.

Un progetto che ha previsto 3 fasi:

  1. la realizzazione di un’esperienza di Cammino lungo la Via Francigena del Lazio per 3 minori autori di reato in messa alla prova dal Tribunale per i Minorenni di Roma;
  2. la realizzazione di una valutazione qualitativa del progetto da parte del Dipartimento di Scienze della Formazione di Roma Tre;
  3. la giornata di studi conclusiva, quella in corso.

La metodologia del Cammino a cui si è ispirato il percorso, è stata sviluppata in Italia proprio da Luca Ansini a partire dalla sua tesi di dottorato in Pedagogia centrato sul Cammino a piedi come setting di aiuto alla persona e di formazione per operatori.

Dobbiamo immaginare una relazione di aiuto che si svolge al di fuori dei setting tradizionali perché in questo caso è una full imersion (24 h su 24), è itinerante e, integrandosi con i processi trasformativi del viaggio a piedi, evoca il rituale dei riti di passaggio: la separazione (la partenza, la trasformazione (l’esperienza del cammino), la riaggregazione (ritorno nel proprio contesto).  Il Cammino rende possibile il cambiamento perché, inoltre, educa alla perseveranza e persistenza in vista del raggiungimento di una meta.

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Secondo Ansini, l’esperienza del Cammino si sposa bene con i progetti di messa alla prova che vengono elaborati dall’USSM perché permette al minore di effettuare il “passaggio” – anche agli occhi della società circostante – dalla condizione di “reo” ad una nuova condizione: quella di colei o di colui che è stato, sì,  messo alla prova ma si è anzitutto “messo alla prova”, misurandosi con i propri limiti, con le proprie convinzioni, per superare non solo la prova e giungere alla chiusura del processo, ma per vivere un’esperienza trasformativa e di cambiamento rispetto al proprio percorso di vita.

Molto interessante anche l’intervento della dott.ssa Carmen Genovese, direttore dell’USSM di Roma, la quale spiega che il ruolo dell’USSM è quello di far dialogare le esigenze giudiziarie con le esigenze della relazione d’aiuto. L’USSM desidera che la messa alla prova sia un percorso di senso, che i ragazzi escano cambiati e migliori da questa esperienza. E’ importante che nel percorso della messa alla prova i minori siano impegnati in attività responsabilizzanti, in un percorso che permetta loro di acquisire la consapevolezza necessaria a comprendere il danno reso alla vittima. Per andare oltre. L’esperienza del Cammino è sicuramente evocativa, afferma la dott. ssa Genovese, e paradigmatica del percorso della vita. Nel Cammino fronteggiamo problemi: quanto sono disposto a impegnarmi per portare a termine il mio percorso?

E poi c’è quel tempo “sospeso” per accogliersi e sentirsi accolti, per ascoltarsi e farsi ascoltare.

Altro punto di forza è la presenza degli operatori, di professionisti della relazione d’aiuto, i quali durante le difficoltà  supportano e incoraggiano i ragazzi affinché trovino soluzioni alternative ai problemi che incontrano, anziché fuggire da essi.

Un altro elemento interessante di questa metodologia è “l’incontro” con l’altro, lo sconosciuto, il non noto, perché lungo il Cammino si fanno sempre incontri.

E, infine, tra gli altri elementi che caratterizzano questa esperienza, c’è lo sviluppo di capacità empatiche, che rappresentano un antidoto fortissimo al reato, così come lo spazio della sera, che è lo spazio del diario, della riflessione sul fare, quello che USSM cerca di incoraggiare in tutte le messe alla prova.  

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La prof.ssa Elena Zizioli, responsabile della valutazione qualitativa del Progetto, esordisce dicendo che la bellezza non è solo quella estetica ma è anche quella dell’incontro. Quando si valuta, anzitutto dobbiamo contestualizzare l’esperienza e dare un orizzonte di senso: il contributo dell’elemento naturale, nel Cammino,  è sostenuto da ampia tradizione pedagogica perché la natura è considerata NON corrotta e, inoltre, in un elemento naturale recuperiamo atteggiamenti di tipo prosociale.

Dai focus group organizzati dalla prof. ssa Zizioli, sia prima della partenza sia al ritorno, sono emersi numerosi elementi.

Anzitutto ci si è soffermati  sul significato che il cammino ha avuto per i ragazzi, i quali ci hanno offerto la seguente immagine “Lascio a casa tutto quello che mi crea pesantezza, per prendere lo zaino e quindi assumermi degli impegni”.

Inoltre, è emerso come il cammino abbia permesso loro: di acquisire maggiore autonomia (la gestione delle piccole incombenze di tutti i giorni), l’opportunità di ”prendersi del tempo per sé” pur apprezzando, al tempo stesso, la sicurezza trasmessa loro dallo “stare insieme”, la capacità di acquisire un nuovo sguardo per pensare al futuro e ripensare il passato.

Il cammino è anche comunità, è saper stare “insieme”, è rendersi disponibili a “sperimentare rapporti più forti e intensi tra i membri del gruppo.

Ma il cammino ha messo in gioco anche gli operatori i quali hanno dovuto confrontarsi con nuove modalità di vivere le relazioni, dovendo ridistribuire le proprie energie al fine di evitare rischi di onnipotenza. Anche per loro, così come è stato per i ragazzi, “ogni cammino è un’esperienza unica, irripetibile e cambia chiunque vi partecipi”.

Per quanto riguarda il livello “micro”, dai focus group è emerso che l’autostima dei ragazzi sia uscita molto rafforzata da questa esperienza e, di conseguenza, la loro capacità di guardare positivamente alla loro vita futura. Grazie al Cammino, i ragazzi hanno riscoperto i legami affettivi, la forza del sentirsi parte di un gruppo, il valore della solidarietà e del supporto reciproco che rendono superabile qualsiasi difficile prova alla quale si è sottoposti e aiuta a “non mollare” per affrontare il mondo con fiducia. Gli operatori hanno avuto l’opportunità, grazie a questa esperienza, di arricchire il modello della relazione d’aiuto.

A livello macro, il modello del Cammino ha permesso di creare armonia tra il linguaggio giuridico e il linguaggio pedagogico e quindi di creare i presupposti per future sperimentazioni da realizzarsi nella misura della messa alla prova, una delle forme giuridiche più avanzate.

Patrizia Gisella Corasaniti

Ambasciatrice Epale Lazio

Epea Southern Regional Representative

www.epea.org

south@epea.org


Altro per approfondire:

Ascolta il podcast di radiofrancigena "Il cammino a piedi come esperienza educativa"

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