Didattica laboratoriale al Cpia: i social servono?

Applicare la didattica digitale all'apprendimento permamente può rappresentare una sfida. Dilata i tempi e gli spazi in un corso di un anno che serve a dare agli studenti adulti gli strumenti sufficienti a superare l'esame di stato. Ha senso? Secondo me sì.
Qualche anno fa ho svolto una sperimentazione con Edmodo, coinvolgendo due classi di adulti corsisti provenienti da esperienze professionali, di vita e culturali molto diverse: tra i 17 e i 50 anni, italiani e stranieri, che arrivano dall’Africa, dal Sud America, dal vicino e lontano Oriente.
“E’ facebook per la scuola!”, ho cominciato a rispondere, quasi senza rendermene conto, agli studenti che mi chiedevano cosa fosse questo sito "Edmodo" a cui chiedevo di iscriversi nei primi giorni di lezioni. Istintivamente mi era sembrato il modo più semplice per convincerli a provare, da una parte per la familiarità che avevano con l’altro più noto social network, da un’altra per l’analogia ludica e poco “scolastica” che poteva rendere desiderabile essere connessi usando questo nuovo social.
Insomma, ho provato a coinvolgere i miei studenti con la curiosità e non con l’obbligo.

Perché lanciare questa nuova sfida in un contesto già complesso? Il motivo risiede principalmente in due questioni:
1. si è trattato di un primo anno sperimentale, senza il coinvolgimento del consiglio di classe, un’attività strettamente collegata alla disciplina che insegno, la tecnologia per la scuola secondaria di primo
grado.
2. non insegno questa materia ai ragazzi, ma agli adulti iscritti nei CPIA, centri provinciali per l’istruzione degli adulti (lo scorso anno denominati CTP e facenti parte degli Istituti Comprensivi). Dunque,
l’età maggiore per quasi tutti i corsisti (ci si può iscrivere dai 16 anni in su) rende preliminare ed obbligatorio sempre un lavoro sulla motivazione degli studenti che, non più nella scuola dell’obbligo,
scelgono di ritornare sui banchi spinti da diversi tipi di bisogni.
Rispetto allo "sviluppo di competenze di comunicazione" - richiesto dal curricolo - con i social network, c’è da rilevare innanzitutto la presenza, in questo tipo di percorsi di apprendimento, di adulti che non utilizzano il web, oppure lo fanno poco e male. Oppure di chi è nativo digitale, assolutamente a proprio agio col mezzo. Entrambi questi tipi di persone coesistono nei percorsi di studio per adulti: cominciare a familiarizzare con i social network per esigenze di studio in questo modo da una parte aiuta i più “anziani” a non sentirsi a disagio e sperimentare in ambiente protetto la comunicazione online , da un’altra costringe i più giovani, avvezzi alla pubblicazione online, a riflettere sul tipo di contenuti da comunicare.

Data l'immediatezza d’uso, il social network (meglio se su piattaforma educational) può avvicinare maggiormente la scuola alla vita quotidiana dei corsisti e renderla “meno scuola” e più luogo di apprendimento, di scambio, di crescita personale e di gruppo. Passaggio non irrilevante, se si pensa che gli studenti dei CPIA sono persone che rientrano in formazione per i motivi più disparati: dai NEET, agli adulti senza titolo che hanno perso il lavoro, agli stranieri con storie di vita difficili alle spalle e molto spesso già con titoli di studio.
di Anna Uttaro, insegnante CPIA Roma, Ambasciatrice Epale
Leggi tutto l'articolo pubblicato sulla rivista Bricks: "Dilatare tempi e spazi: una sfida per l'apprendimento permanente?"
Consulta il numero completo della Rivista, N.4 2015