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Alfabetizzazione emotiva per gli studenti migranti: un percorso verso la consapevolezza

Perché possiamo parlare dell’importanza dell’educazione emotiva a scuola? La risposta proviene dal contesto, all’interno del quale possono situarsi le attività didattiche rivolte a studenti protagonisti di un recente rapporto migratorio. Educare alle emozioni per questi apprendenti si configura come una vera e propria esigenza. Si potrebbe dire che, accanto alla necessità di un’alfabetizzazione che preveda l’acquisizione degli strumenti comunicativi della lingua italiana, sorga la necessità di un’alfabetizzazione emotiva.

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Perché possiamo parlare dell’importanza dell’educazione emotiva a scuola? La risposta proviene dal contesto, all’interno del quale possono situarsi le attività didattiche rivolte a studenti protagonisti di un recente rapporto migratorio. Educare alle emozioni per questi apprendenti si configura come una vera e propria esigenza. Si potrebbe dire che, accanto alla necessità di un’alfabetizzazione che preveda l’acquisizione degli strumenti comunicativi della lingua italiana, sorga la necessità di un’alfabetizzazione emotiva.

Ma che cosa si intende nello specifico con questo concetto? L’obiettivo principale dell’alfabetizzazione emotiva consiste nel fare in modo che gli studenti migranti diventino sempre più consapevoli delle personali emozioni.

Gli studenti che hanno lasciato il loro Paese d’origine, affrontando un viaggio spesso difficile, per arrivare in Italia hanno un vissuto molto complesso da analizzare e da comprendere fino in fondo, non solo da parte nostra, ma spesso difficile anche elaborare a livello individuale ed interiore.

Non è raro che il vissuto forte di inviluppi interiori sia accompagnato da una sensazione di “confusione mentale”, che spesso è alla base di emozioni conflittuali, all’interno delle quali il soggetto avverte una forte pressione verso la risoluzione di sentimenti contrastanti, soprattutto diviso fra una certa resistenza a mantenere, in un processo di difesa e di chiusura, la cultura di origine e le spinte di apertura ad una nuova dimensione culturale, molto importante anche per favorire il processo di integrazione.

Ecco perché appare essenziale l’opportunità di favorire, attraverso le varie attività didattiche, l’acquisizione della consapevolezza del proprio vissuto, dei propri sentimenti, di ciò che ha bisogno di essere espresso, per riflettere su un disagio molto spesso solo avvertito e che non trova altre giustificazioni, se non secondo una sensazione che si prova a livello generale, senza essere rapportato a precise e concrete motivazioni.

Si tratta di incertezza, di mancanza accettazione di una nuova identità che si va delineando di fronte a nuovi modi di relazionarsi fra persone, di fonte a nuovi modi di interpretazione della realtà, di abitudini che esulano dalla vita condotta fino a quel momento, dall’assenza di punti di riferimento oggetto di esperienza intrapresa.

Agli occhi degli studenti migranti il mondo può apparire davvero qualcosa da ricostruire, anche e soprattutto come portatore di nuove opportunità per un futuro migliore. Di conseguenza non può bastare solo un percorso di accoglienza che punti all’integrazione. Quest’ultima deve passare necessariamente per una forma di educazione emotiva che conduce all’autoconsapevolezza, in vista di una gestione del vissuto dei singoli, tenendo conto delle individuali sfaccettature che il processo di cambiamento può assumere.

Credo nel ruolo di facilitatore del docente anche nel senso della proposta di stimoli (didattici e non) per un’alfabetizzazione emotiva, ma non voglio nemmeno sottovalutare la necessità di un operato da parte di figure di professionisti che possano fornire il loro sostegno a questi adulti stranieri che vogliono ricominciare.

Prof. Giorgio Rini

CPIA Terni

Ambasciatore EPALE Umbria

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Commento

Sono d’accordo, nel corso di vari seminari EPALE abbiamo imparato l’importanza dei percorsi autobiografici a scuola: la narrazione di sé come metodo per aiutare gli studenti migranti a riconciliarsi con la propria storia e il proprio passato. Raccontare la propria storia significa rimettere insieme, come si fa con i puzzle, la propria identità e lavorare in gruppo può essere una risorsa perché permette di condividere moltissimo. Raccontare partendo da un episodio, una fotografia, un ricordo o un oggetto è una modalità per educare alla gestione dei sentimenti e dei conflitti interni, che il docente può svolgere per aiutare a costruire l’identità di questi studenti.
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Grazie Martina per la tua preziosa testimonianza che supporta il mio discorso. Il tema dell'educazione alle emozioni e ai sentimenti mi sta molto cuore e cerco di riproporlo quotidianamente in classe con i miei studenti. E' un modo anche per creare delle relazioni e dei rapporti umani che possono stimolare e favorire l'apprendimento. Lo ritengo quasi "terapeutico".
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