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La didattica speciale in Italia dagli anni ‘70 ad oggi: una sfida legislativa ed educativa

Premessa

In questo breve saggio tratterò la legislazione scolastica del nostro paese tout court, partendo da canoni del diritto quali la Costituzione, a tutta una serie di provvedimenti legislativi messi in atto nell’Italia dagli anni 30 in poi, per ottemperare ad un bisogno comune dei cittadini: cioè quello dell’educazione dei fanciulli, nonché degli adulti, in un mondo complesso.

A questo bisogno, primariamente sentito su tutto il territorio nazionale e ancor più a livello locale, è importante sottolineare come se ne affianchi e intersechi uno ancora più profondo: il bisogno cioè di istruire, educare e preparare ad un mondo complesso tutti quei soggetti per i quali una didattica “standard” non risulta rispondente o formativa per i propri bisogni (siano essi di natura biologica, psicologica o sociale).

 

In questo saggio focalizzerò la mia attenzione, quindi, in maniera particolare alla legislazione scolastica atta ad istituire, migliorare e modificare una parte fondamentale della nostra pedagogia scolastica e cioè quella per l’inclusivitá.

L’Italia ha da tempo sposato una linea di pensiero pedagogico assolutamente innovativa e per molti versi anticonformista e all’avanguardia, che mira al riconoscimento della scuola quale luogo democratico per eccellenza e dove ogni cittadino italiano possa essere incluso nel processo di apprendimento e formazione culturale nel migliore dei modi possibili.

Come ha risposto dunque legislativamente il nostro paese nell’ultimo ventennio a questo bisogno della scuola e per la scuola? 

Come si riflette tutto ciò nella didattica ad adulti? Soprattutto quando gli adulti si trovano in situazioni di apprendimento complesse? 

 

Il cammino legislativo dagli anni ‘70 agli anni ‘2000

Nell’analizzare come il legislatore italiano abbia ottemperato nell’ultimo ventennio alla risposta dell’inclusività a scuola, va precisato che, da almeno mezzo secolo, lo stesso operatore agisce su due fronti: il primo è quello della formazione del personale docente e degli operatori educativi; mentre il secondo fronte è quello dell’inclusività vera e propria e degli spazi scolastici, e cioè che riguarda le vite individuali di discenti e famiglie.

 

La professionalizzazione dell’insegnante di sostegno è istituita con leggi e provvedimenti legislativi di molto precedenti agli anni ‘2000 (già nel 1975 con il D.P.R. 970 infatti si istituisce in Italia la figura dell’insegnante di sostegno, denominandolo “specialista”[1]).

Anche per il secondo aspetto l’Italia può vantare una storia legislativa molto lunga: già a partire dal 1975 con la Circolare ministeriale dell’8 agosto n. 227 dal titolo “interventi a favore degli alunni handicappati” si prevedeva nel nostro sistema scolastico:

“L’adozione di misure e modalità organizzative utili ed applicabili per facilitare, per quanto possibile, un sempre più ampio inserimento di detti alunni nelle scuole, aperte a tutti gli allievi”.

Sempre del 1975, è il rilevante documento Falcucci (dal nome del capo della commissione che aveva l’incarico ministeriale di redigere una relazione conclusiva concernenti problemi scolastici degli alunni handicappati).

Esso viene definito dagli esperti del settore una sorta di Magna Charta dell’integrazione degli alunni portatori di handicap: in essa sono infatti i contenuti tutti i principi ispiratori della legge 517 del 1977 e dell’ancor oggi cruciale legge 104 del 1992, sulla quale vengono nominati i vari ruoli e le relative mansioni ed attribuiti incarichi nella scuola statale.

Ancora, negli anni ‘70, e precisamente nel 1977, viene emanata la Legge 517 sull’integrazione scolastica, dove si individuano modelli didattici flessibili in cui attivare forme di integrazione trasversali, esperienze di interclasse o attività organizzate in gruppi di alunni ed affidate ad insegnanti specializzati: gli insegnanti di sostegno.

Per quanto riguarda nello specifico il panorama dell'educazione rivolta agli adulti essa è in quegli anni aderente e funzionale al mondo del lavoro: Nelle grandi città del triangolo industriale, accanto a grandi centri di addestramento pubblici e privati che incominciano a declinare, appaiono nelle aziende multinazionali i primi programmi di formazione per il management. Il modello autoritario entra in crisi. I formatori sono tecnici e specialisti del know-how aziendale. 

Inizia, inoltre, a diffondersi sempre più la necessità di sostituire il modello autoritario di gestione del personale con nuovi metodi. Accanto a sacche di resistenza ostentata, nascono i primi centri di formazione (FIAT, Montedison) e le prime associazioni di formatori (AIF). L'evoluzione della formazione e del tutto coerente con l'evoluzione socio-organizzativa del sistema delle imprese. Si afferma la figura professionale del formatore-coordinatore.

 

Negli anni’80 la visione legislativa italiana viene arricchita dalla pubblicazione del manuale dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità dal titolo: “International classification of diseases, impairments and handicaps”, che denota e delinea i profili delle disabilità a livello mondiale ed aiuta a completare ed ampliare un profilo di apprendente per la scuola pubblica più chiaro e funzionale.

Nel 1988 i tempi sono maturi per la promulgazione della Circolare Ministeriale n. 262, che assicura ai soggetti con disabilità la frequenza alle scuole superiori e ribadisce il diritto costituzionale di quest’ultimi alla formazione.

Nella Circolare si legge:

“l'effettività del diritto allo studio degli alunni con handicap fisico, psichico o sensoriale si evidenzia con la "doverosità delle misure di integrazione e sostegno idonee a consentire ai portatori di handicap la frequenza degli istituti di istruzione anche superiore: dimostrando tra l'altro che è attraverso questi strumenti, e non con sacrificio del diritto di quelli, che va realizzata la composizione tra la fruizione di tale diritto e l'esigenza di funzionalità del servizio scolastico”.

 

Negli anni ‘90 del secolo scorso si assiste in Italia ad un nuovo impulso sull’integrazione scolastica e l’adeguamento delle strutture scolastiche e dell’offerta formativa a tutte le persone.

Compare così nei primi mesi del 1992 una bozza di legge che, presto approvata in Parlamento, darà luce alla Legge 104 -promulgata il 5 febbraio- sull’Inclusione.

Essa diverrà Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

Questa legge segna una svolta decisiva per la pedagogia nel nostro paese ed è comprensibilmente una pietra miliare e un punto di riferimento legislativo per tutta l’Europa.

Alla scrivente pare necessario citare alcuni passaggi fondanti e ispiratori contenuti nel provvedimento quali i commi 1 (finalità), 5 (principi generali) e 8 (inserimento e integrazione):

 

“Finalità. - 1. La Repubblica:

a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società;

b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali;

c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata;

d) predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata.

5. Principi generali per i diritti della persona handicappata. - 1. La rimozione delle cause invalidanti, la promozione dell'autonomia e la realizzazione dell'integrazione sociale sono perseguite attraverso i seguenti obiettivi:

a) sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedica, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali, considerando la persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli della ricerca;

b) assicurare la prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale e precoce delle minorazioni e la ricerca sistematica delle loro cause;

c) garantire l'intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il mantenimento della persona handicappata nell'ambiente familiare e sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale;

d) assicurare alla famiglia della persona handicappata un'informazione di carattere sanitario e sociale per facilitare la comprensione dell'evento, anche in relazione alle possibilità di recupero e di integrazione della persona handicappata nella società;

e) assicurare nella scelta e nell'attuazione degli interventi socio-sanitari la collaborazione della famiglia, della comunità e della persona handicappata, attivandone le potenziali capacità;

f) assicurare la prevenzione primaria e secondaria in tutte le fasi di maturazione e di sviluppo del bambino e del soggetto minore per evitare o constatare tempestivamente l'insorgenza della minorazione o per ridurre e superare i danni della minorazione sopraggiunta;

g) attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno e al recupero della persona handicappata, assicurando il coordinamento e l'integrazione con gli altri servizi territoriali sulla base degli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142;

h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti e sussidi tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo indispensabile, interventi economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo;

i) promuovere, anche attraverso l'apporto di enti e di associazioni, iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione, per la prevenzione e per la cura degli handicap, la riabilitazione e l'inserimento sociale di chi ne è colpito;

l) garantire il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più idonei anche al di fuori della circoscrizione territoriale;

m) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche mediante l'attivazione dei servizi previsti dalla presente legge.

8. Inserimento ed integrazione sociale. - 1. L'inserimento e l'integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante:

a) interventi di carattere socio-psico-pedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita;

b) servizi di aiuto personale alla persona handicappata in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale;

c) interventi diretti ad assicurare l'accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico;

d) provvedimenti che rendano effettivi il diritto all'informazione e il diritto allo studio della persona handicappata, con particolare riferimento alle dotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamente qualificato, docente e non docente;

e) adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociali;

f) misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraverso incentivi diversificati;

g) provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e la organizzazione di trasporti specifici;

h) affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari;

i) organizzazione e sostegno di comunità alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati per favorire la deistituzionalizzazione e per assicurare alla persona handicappata, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione familiare, naturale o affidataria, un ambiente di vita adeguato;

l) istituzione o adattamento di centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l'obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa. Gli standard dei centri socio-riabilitativi sono definiti dal Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

m) organizzazione di attività extrascolastiche per integrare ed estendere l'attività educativa in continuità ed in coerenza con l'azione della scuola”.

In seguito a questo provvedimento legislativo, alla fine degli anni ‘90 il quadro legislativo per l’inclusività era sostanzialmente fermo.

 

Nel 1999 viene però promulgata la Legge n. 17 che propone integrazioni e modifiche alla L. 104/92, andando a verticalizzare l’impegno del legislatore anche sull’asse della formazione universitaria. 

In effetti, sull'educabilità del soggetto adulto, la prassi legislativa nazionale sembra essere sopita. 

Master e corsi di specializzazione post-laurea si moltiplicano e vengono sempre più importate dall'estero metodologie formative innovative. La qualità media della formazione si stabilizza; coesistono iniziative eccellenti con altre improvvisate e scadenti.
La formazione si affranca dalle anguste Direzioni del Personale e si integra con le funzioni di Organizzazione e Comunicazione. II formatore si trasforma in un esperto di sviluppo organizzativo.
Persistono tre storiche dicotomie italiane: la separazione tra il sistema lavoro (formazione) e le istituzioni educative (scuola/universita); la separazione tra lavoro direttivo e lavoro esecutivo che asfissia i tentativi di decollo di ruoli imprenditivo-innovativi e ruoli professionali; la separazione tra sapere e fare.
Ci affacciamo alle soglie del terzo millennio con una diffusa esigenza di maggiore qualità, correttezza, utilità della formazione.

 

Dagli anni ‘2000 ad oggi

Nell’anno 2001 il quadro dei provvedimenti legislativi in favore delle persone svantaggiate nel percorso di studio e di vita viene ulteriormente ampliato, nuovamente grazie all’operato dell’Organizzazione mondiale per la Sanità, che pubblica il documento I.C.F. International Classification of functioning, disability and health.

Questo documento, a differenza dei precedenti, arricchisce la comprensione del soggetto con handicap con molti spunti di riflessione pedagogica e segna l’inizio di una presa di coscienza sempre più influente nel nostro sistema scolastico nazionale.

In pratica, esso è prontamente recepito nello stesso anno con la Nota ministeriale n. 3390: “Assistenza di base agli alunni in situazione di handicap”.

Nella nota si fa presente come molte situazioni di difficoltà per la persona con handicap siano proprio dovute ad un erroneo impatto scolastico (analisi contestuale), una difficile monitorizzazione degli interventi (tempistiche) ed una non sempre congrua gestione del personale didattico (insegnanti curricolari e di sostegno).

In seguito ad un’attenta riflessione, si giunge a comprendere (soprattutto grazie al documento dell’O.M.S.) che il cammino scolastico per i soggetti con disabilità non solo non è esclusivo, ma anzi che rientra in un disegno legislativo ed educativo più ampio e che abbraccia tutti i discenti e tutte le famiglie, nonché tutte le istituzioni.

Dal 2003, quindi, l’Italia, con la Legge n. 53, da delega al Governo per la definizione di norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali per le prestazioni in materia di istruzione.

Nei sei anni di lavoro che seguono, durante i quali l’ONU ratifica la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, l’Italia arriva ad emanare nel 2009 la Nota Ministeriale del 4/08 denominata “Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”.

Essa è la sintesi di tutti i progressi legislativi ed educativi compiuti nel nostro paese in 30 anni.

 

Nel 2010 vede la luce il Decreto n. 249 “Linee guida per l’organizzazione dei nuovi corsi di specializzazione”, che da nuovi risvolti alla mansione dell’insegnante della scuola pubblica e ne prevede una specifica formazione teorico -pratica- metodologica.

Ancora, nel 2011 il MIUR emana un Decreto intitolato “Criteri e modalità per lo svolgimento dei corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno”, dove si ridefinisce il ruolo dell’insegnante di sostegno, ribadendone il ruolo educativo all’interno del gruppo-classe in toto, non ad uso esclusivo del discente disabile.

 

Nel 2012 un ulteriore passo in avanti è compiuto grazie alla Direttiva Ministro Profumo del 27 dicembre dal titolo– Strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica - la quale definisce aree di svantaggio e per la prima volta in assoluto chiarisce l’acronimo B.E.S.: Bisogni Educativi Speciali, come segue:

“Quest’area dello svantaggio scolastico, che ricomprende problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali (in altri paesi europei: Special Educational Needs). Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. Per “disturbi evolutivi specifici” intendiamo, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, ricomprendendo – per la comune origine nell’età evolutiva – anche quelli dell’attenzione e dell’iperattività, mentre il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico. Per molti di questi profili i relativi codici nosografici sono ricompresi nelle stesse categorie dei principali Manuali Diagnostici e, in particolare, del manuale diagnostico ICD-10, che include la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e utilizzata dai Servizi Sociosanitari pubblici italiani. Tutte queste differenti problematiche, ricomprese nei disturbi evolutivi specifici, non vengono o possono non venir certificate ai sensi della legge 104/92, non dando conseguentemente diritto alle provvidenze ed alle misure previste dalla stessa legge quadro, e tra queste, all’insegnante per il sostegno.” 

Nello stesso anno viene promulgata il decreto il decreto 263 del Presidente della Repubblica (il 29 ottobre). L’istruzione degli adulti è promossa dai CPIA (Centri provinciali per l’istruzione degli adulti), che costituiscono una tipologia di istituzione scolastica autonoma dotata di un proprio organico e di uno specifico assetto didattico e organizzativo. I CPIA svolgono le seguenti attività: Percorsi di Istruzione degli adulti, Iniziative di ampliamento dell’offerta formativa, Attività di ricerca, sperimentazione e sviluppo in materia di istruzione degli adulti.

 

Il lungo cammino legislativo per l’inclusività scolastica sembra terminare (per il momento!) nel 2015, con la promulgazione della Legge 107 del 13 luglio: “Riforma del sistema nazionale di istruzione”.

In esso i commi 24, 75, 181C fanno specifico riferimento 1.al riconoscimento delle diverse modalità di comunicazione per l'insegnamento a studenti con disabilità; 2. all’organico dei posti di sostegno e 3. al tema della formazione del personale docente incaricato su sostegno, alla promozione dell’inclusione degli studenti con disabilità e alla ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno anche attraverso l’istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria.

Per quanto concerne l'educazione degli adulti, invece, Il 30 maggio 2017, alla presenza del Direttore Generale della Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione (DGOSV), si è costituita la Rete Nazionale dei CRRS&S. La Rete organizza periodicamente Assemblee Nazionali. In occasione dell’ Assemblea Nazionale di Cinisi (3-5 Maggio 2018) è stato definito il Piano Nazionale Triennale della Ricerca (PNTR) in materia di istruzione degli adulti. Il PNTR si compone di misure specifiche da realizzare nell’ambito delle seguenti quattro azioni strategiche: potenziare gli ambiti di ricerca di cui all’articolo 6, del dPR 275 del 1999; valorizzare il CPIA come struttura di servizio; favorire il raccordo tra i percorsi di istruzione di primo livello e i percorsi di istruzione di secondo livello; favorire la costruzione e il funzionamento delle reti territoriali per l'apprendimento permanente.

 

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

 

Dainese, R. (2016). Le sfide della pedagogia speciale e la didattica per l'inclusione. Milano, Franco Angeli

World Health Organization (1980). International classification of Impairments, disabilities and Handicaps. Geneva

World Health Organization (2001). ICF. Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. Milano, Erikson

 

 

Sono stati utilizzati inoltre i seguenti materiali di riferimento:

  1. Dispensa di Legislazione scolastica- Diploma di perfezionamento in Tecniche narrative per la Scuola Secondaria online ass.ne Mnemosine

 

 

 

 

 

SITOGRAFIA

La sitografia è stata consultata nel mese di Novembre 2018 e talune modifiche posteriori non sono imputabili nè a conoscenza della scrivente.

 

  1. https://www.liceoporta.gov.it/sites/default/files/page/2017/zanfroni_-_…
  2. http://omeka.scedu.unibo.it/exhibits/show/integrazione/le-leggi-sull-in…
  3. http://www.edscuola.it/archivio/norme/circolari/cm227_75.html
  4. http://www.edscuola.it/archivio/didattica/falcucci.html
  5. https://www.disabili.com/scuola-a-istruzione/articoli-scuola-istruzione…
  6. http://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/41003/9241541261_eng.pd…
  7. http://www.handylex.org/stato/c220988.shtml
  8. http://www.edscuola.it/archivio/norme/circolari/cm262_88.html
  9. http://www.handylex.org/stato/l050292.shtml
  10. https://archivio.pubblica.istruzione.it/news/2001/prot3390_01.shtml
  11. https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm_formazione_iniziale_d…
  12. http://www.marche.istruzione.it/dsa/allegati/dir271212.pdf
  13. http://www.paschinimarchi.it/legge-107-del-13-luglio-2015-riforma-della…
  14. http://www.cestor.it/ar/2marano.htm

  

 


[1]Dainese, R. (2016). Le sfide della pedagogia speciale e la didattica per l'inclusione. Milano, Franco Angeli p. 44

 

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