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Digital Divide, l’inclusione digitale oggi

È da poco stato rinnovato il progetto Keep Learning Creating Sharing! di cui l’associazione BEA - Bunta Esperanto Asocio è la capofila.

Digital Divide.

È da poco stato rinnovato il progetto Keep Learning Creating Sharing! di cui l’associazione BEA – Bunta Esperanto Asocio è la capofila. Il progetto prevede di consentire ai suoi formatori – spesso attivi anche nelle ONG come volontari – di migliorare le loro competenze, attraverso la mobilità internazionale, la formazione e il collegamento in rete, rimanendo aggiornati sulle nuove tendenze e competenze manageriali provenienti da altri contesti, nonché con l’uso di nuovi media e ICT.

Sappiamo quindi che è importantissimo in questo momento implementare percorsi che supportino lo sviluppo di competenze nel digitale.

Gli ultimi due anni si sono rivelati importantissimi nella velocizzazione del processo di alfabetizzazione digitale, sviluppo di competenze nell’ambito e un sempre maggiore avvicinamento ai dispositivi digitali e ai suoi utilizzi. Abbiamo utilizzato la rete per studiare, per lavorare, per facilitare i processi della pubblica amministrazione e facciamo parte in pieno di un processo di transizione che verte sempre di più ad un radicale cambiamento nell’utilizzo di tecnologie digitali. Facendo però i conti con la situazione attuale emerge prepotente la disparità che ancora sussiste tra chi è facilmente orientato all’utilizzo o ne ha l’accesso e chi non ha ancora sviluppato competenze digitali o per diverse ragioni non ha l’opportunità di avere una rete internet o un dispositivo personale.

Parliamo quindi di Divario Digitale.

Cos’è il Digital Divide?

La definizione prende piede a metà degli anni 90, quando l’allora vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore, in un discorso a Knoxville, esternò il già presente disequilibrio nella distribuzione di computer e internet nelle scuole del suo paese.

Da allora, con l’espressione Digital Divide si intende il gap che esiste tra determinate fasce della popolazione nell’accesso al web e alle nuove tecnologie. Un gap determinato da diversi fattori che possono essere di tipo territoriale, culturale, economico, anagrafico e tecnologico. 

A partire dal 2012 l’ONU definisce l’accesso al web come uno dei diritti fondamentali dell’uomo.

Entrando nel dettaglio, il divario digitale può dividersi in tre tipologie distinte:

Globale, a seconda del grado di sviluppo di ogni paese.

Sociale, a seconda delle diseguaglianze interne ad ogni singolo paese.

Democratico, a seconda dell’utilizzo consapevole o meno delle nuove tecnologie in relazione alle condizioni di partecipazione alla vita politica o sociale.

Tra la categorie di persone che subiscono maggiormente il divario digitale troviamo gli anziani (digital divide intergenerazionale), le donne non occupate o in particolari condizioni (digital divide di genere), gli immigrati (digital divide linguistico-culturale), le persone con disabilità, le persone detenute e in generale chi, essendo in possesso di bassi livelli di scolarizzazione e di istruzione, non è in grado o ha molta difficoltà ad utilizzare gli strumenti informatici (digital divide di accessibilità).

In Italia la situazione non è delle migliori, infatti, secondo l’ultimo rapporto Auditel-Censis, circa 14 milioni di utenti o non accedono alla rete o lo fanno in maniera discontinua e con una connessione di bassa qualità. Solo il 59,4% dispone di una connessione sia domestica, sia mobile: oltre 14 milioni di famiglie, cresciute del 6,2% dal 2019 ad oggi. Il dato che preoccupa è che 2,3 milioni di famiglie italiane non sono connesse a Internet in nessun modo, il 10% circa del totale. Un altro 30% invece, cioè 7,2 milioni di famiglie, si collegano solo attraverso lo smartphone. Con precisione, 8,4 milioni di famiglie, il 35,1% del totale, non ha a casa né un pc, né un tablet (73% delle famiglie di livello socioeconomico più basso).

Se ci si focalizza sulle famiglie di soli anziani, ovvero di quelle composte da persone di 65 anni e più, ben il 67,4% di loro non sa usare Internet (Istat 2020). 

La Didattica a distanza ha sottolineato la persistenza di gravi disuguaglianze socio-economiche. Il rapporto BES Istat 2021 ha evidenziato come l’8% degli alunni, perlopiù di famiglie svantaggiate, sia rimasto escluso dalle attività scolastiche nel corso della pandemia Covid-19; un dato che sale al 23% considerando gli studenti disabili. Tra i motivi principali troviamo l’assenza di adeguate forme di connessione ad Internet da parte delle famiglie.

Sempre secondo il Rapporto Bes Istat del 2021, nel Mezzogiorno il 63,4% di individui ha accesso alle tecnologie, rispetto al 72,3% del Nord e del Centro. Per quanto riguarda i dati relativi agli occupati, la quota di chi è in difficoltà supera di poco il 5%, ma sale all’11,3% tra i disoccupati e arriva fino a quasi la metà degli inattivi (44,6%). Il basso tasso di attività delle donne in Italia (55,2% in totale, ma sotto il 40% in certune regioni del Sud), non favorisce infine la loro inclusione digitale. Tutto ciò va infine incrociato con l’ampia e sfuggente area dei NEET, quei soggetti non coinvolti in processi di formazione e/o ricerca attiva di occupazione.

Nella definizione di Divario Digitale troviamo due modi per identificare chi lo subisce e chi no: gli information haves – gli inclusi  e gli havenots – gli esclusi.
Attraverso questi due termini pare subito evidente quali sono le conseguenze di questa problematica che si muove tra diverse cause e che rischia di cronicizzarsi nelle fasce più fragili della popolazione. La continua corsa alla digitalizzazione dei servizi, che per molti è manna santa, per altri rischia di diventare un grave deficit di accesso a meccaniche sociali basilari come il fascicolo sanitario o i più semplici servizi anagrafici o fiscali. Ma non solo. Anche la socializzazione passa per il digitale e chi ne è sprovvisto può sentirsi marginalizzato. Vale lo stesso per l’accesso alle informazioni e per la ricerca del lavoro. Fortunatamente non è tutto bianco e nero e ci sono ancora validissime alternative agli strumenti digitali ma il problema c’è e va affrontato non solo sul fronte teorico. Sono necessari interventi pratici che aiutino non solo a superare il divario che dipende dal mancato accesso alle tecnologie ma soprattutto supporti mirati che possano insegnare e mettere a disposizione lo sviluppo delle competenze necessarie.

Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), al tema del digital divide viene conferita un’importanza cruciale: il 27% delle risorse sarà infatti destinato alla transizione digitale, con l’obiettivo di ridurre sensibilmente il gap di competenze e portare il 70% della popolazione a essere digitalmente abile entro il 2026.

Tra le iniziative dedicate al tema troviamo Spaceshelter, un videogioco online che ha come obiettivo proprio quello di mettere a disposizione degli utenti di tutte le età strumenti semplici, immediati e accessibili in una modalità accattivante, che possano contribuire parzialmente allo sforzo comune utile per diffondere conoscenza e capacità indispensabili alla vita quotidiana online e allo sviluppo sicuro, partecipato e responsabile della società digitale.

https://spaceshelter.withgoogle.com/intl/it_it/

Tra le risorse online troviamo anche Elements of AI, un corso interamente gratuito che permette di imparare nuove conoscenze sul tema dell’intelligenza artificiale, delle reti neurali e del machine learning.

https://course.elementsofai.com/it/

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