Perché è importante riconoscere all'educazione degli adulti il giusto spazio nelle politiche educative

Alla prima edizione italiana di Fiera Didacta, che si svolgerà a Firenze dal 27 al 29 settembre 2017, si parlerà anche di istruzione degli adulti. Non poteva quindi mancare uno spazio dedicato a EPALE: workshop "Comunità di apprendimento per lo sviluppo delle competenze degli adulti: il caso EPALE" giovedì 28 settembre.
L’educazione degli adulti racchiude tutte le attività organizzate dal sistema pubblico e dal sistema privato finalizzate all’istruzione, alla crescita culturale, alla formazione rivolte ad un pubblico adulto. In Italia l’educazione degli adulti è stata legiferata in ritardo rispetto ad altre realtà, ma ha saputo offrire risposte significative al bisogno di cultura della popolazione.
Perché tanta importanza per l’Educazione degli adulti? Lo sviluppo economico, la coesione sociale, l’esercizio della cittadinanza sono connessi con l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Diretta conseguenza è che l’apprendimento in età adulta va incentivato e sostenuto da mirate politiche pubbliche con il duplice obiettivo di far crescere la partecipazione da un lato e, nello stesso tempo, di garantire l’esistenza di un’ampia offerta di opportunità di apprendimento. Educazione per tutti naturalmente, perché, molto spesso, le occasioni di apprendimento restano appannaggio di una parte minoritaria della popolazione adulta: quella più colta e professionalizzata.
La popolazione adulta in possesso di buone capacità alfabetiche presenta, fatte poche eccezioni, un buon livello culturale ed hanno una notevole capacità di cogliere le occasioni di apprendimento presenti. Si contrappone, però, la popolazione adulta in condizioni di estrema debolezza culturale e di scarsa qualificazione professionale.
Possiamo considerare come parametro di riferimento il possesso dei titoli di studio, ma scopriamo che la carenza non si tratta affatto di un fenomeno marginale limitato alle classi di età più anziane. In Italia, infatti, su una popolazione adulta (20/64anni) di oltre 36 milioni di individui, 16 milioni hanno un livello di istruzione pari o inferiore a 8 anni di studi (45%) (Rilevazione sulle forze di lavoro Media 2009, Istat 2010).
I dati sui titoli di studio posseduti non danno una misura diretta sulle effettive conoscenze e capacità possedute dalle persone. Risulta, però, difficile negare che siano un indizio di difficoltà culturale. Difficoltà che, in un numero significativo di casi, si lega a situazioni di disagio economico e sociale, come mostrano ampiamente le ricerche e gli studi che mettono in relazione la scolarità con la disoccupazione, la posizione lavorativa ed il reddito.
Del resto, aldilà dei dati sul possesso dei titoli di studio, le ricerche OCSE sulle competenze alfabetiche della popolazione adulta del nostro paese hanno messo in rilievo che quasi un terzo della popolazione tra i 18 ed i 45 anni è al limite dell’analfabetismo in tutte le capacità misurate (comprendere semplici testi scritti, interpretare grafici e tabelle, fare operazioni aritmetiche e risolvere problemi)
L’educazione è un processo permanente che va oltre le attività normalmente realizzate nelle istituzioni scolastiche e formative, coinvolgendo i soggetti in età adulta al di fuori delle sedi cosiddette formali dell’istruzione. Con “educazione permanente” si sottendono una molteplicità di aspetti che riguardano il rapporto con l’educazione di individui e società nei diversi contesti e nelle diverse epoche storiche. Essa rinvia alla possibilità di un processo di formazione/apprendimento che coinvolga gli individui lungo il corso della loro esistenza, abbracciando i diversi ambiti di vita: professionale, privato, familiare, sociale ecc. L’educazione permanente può essere concepita come un concetto, un obiettivo, una metodologia, una pratica, una politica che oggi si orienta progressivamente alla creazione delle condizioni per lo sviluppo delle reali possibilità di apprendere a tutte le età (lifelong learning).
Negli studi dell’Unesco degli anni settanta/ottanta essa viene sostanzialmente presentata come un processo che accompagna lo sviluppo personale, professionale e sociale degli individui, nel corso dell’esistenza, per migliorare la qualità della vita degli individui stessi e delle loro collettività. Paul Lengrand già nel 1970, nell’Introduzione all’educazione permanente (scritto in occasione dell’anno internazionale dell’educazione), considerava che “l’educazione è non solo acquisizione di un patrimonio di conoscenze, ma anche sviluppo dell’individuo che diviene progressivamente sempre più se stesso, attraverso le diverse esperienze della vita”. Ne deriva che “i compiti dell’educazione si declinano in due direzioni: favorire, da un lato, l’attivazione di strutture e di metodi per aiutare gli individui nella continuità del loro apprendimento e della loro formazione per tutta la vita e attrezzarli, parimenti, attraverso le forme molteplici dell’autoapprendimento, affinché possano essere soggetti e strumenti del loro sviluppo” (Lengrand, 1976).
Bertrand Schwartz, nel Rapporto sull’educazione permanente, documento finale presentato al Consiglio d’Europa alla fine degli anni settanta, ribadisce con forza tali considerazioni sottolineando la necessità di distinguere l’educazione permanente dalla formazione ricorrente. Mentre con la seconda s’intende un ritorno periodico “sui banchi di scuola”, secondo una logica tradizionalista che vede la scuola come l’istituzione formativa per eccellenza, sede elettiva per l’istruzione dell’individuo. L’educazione permanente si sviluppa sulla base di tre principi guida:
- il principio della partecipazione;
- il principio della globalizzazione;
- il principio di uguaglianza delle opportunità, nel senso di garantire a tutti i cittadini, indipendentemente dal genere, dallo stato socioeconomico e dalla cultura d’appartenenza, le stesse opportunità di partecipazione a percorsi di istruzione e di formazione finalizzati alla realizzazione del sé nella sua globalità, ossia in ambito lavorativo, personale e sociale (Schwartz, 1987; Schwartz, De Blignieres, 1981).
In questa prospettiva, l’educazione permanente viene presentata non come un semplice prolungamento verso l’età adulta dell’educazione tradizionale, ma con un nuovo approccio teorico e operativo. Apprendere diviene così obiettivo e condizione essenziale per un numero sempre più ampio di individui e risorsa per la collettività. Si tratta di un concetto di ampia portata che riguarda i diversi aspetti dell’educazione: formali, non formali e informali.
L’educazione permanente, ovvero l’apprendimento a tutte le età, costituisce un nuovo scenario: si delinea la possibilità di adottare il paradigma di educazione permanente come riconoscimento della possibilità di apprendimento durante il corso della vita e in qualsivoglia contesto. Possibilità che consente agli individui di affrontare la sfida del cambiamento sul terreno dell’economia e del lavoro; partecipare in modo attivo al dibattito politico, sociale e culturale. Si supera l’idea dell’educazione permanente intesa come “compensazione” delle carenze e/o come “miglioramento” dei saperi e delle competenze già possedute in una logica prevalentemente aggiuntiva rispetto alle fasi dell’infanzia e dell’adolescenza (Tramma, 1997), riferendosi invece all’insieme delle opportunità educative che si possono sviluppare lungo l’intera esistenza degli individui, in una logica processuale. La formazione e l’apprendimento non si realizzano in fasi/segmenti successivi e a sé stanti (scuola, formazione professionale, formazione continua nel lavoro), ma piuttosto in un processo in cui tali aspetti si intrecciano e interagiscono sia nelle diverse stagioni della vita sia nella diversità dei luoghi (Lichtner, 1990).
L’apprendimento degli adulti assume allora la peculiarità di essere, oltre che un diritto, “la chiave per il futuro”. La stessa nozione di apprendimento durante il corso della vita comporta un’attenzione del tutto nuova a fattori quali l’età, e colloca l’educazione degli adulti nell’ambito di una logica di continuum e di flessibilità delle strategie e delle politiche educative. L’Educazione degli Adulti, è finalizzata ad un processo di sviluppo degli adulti che produce modificazioni qualitative negli individui, superando la semplice aggiunta quantitativa di saperi o abilità in età adulta.
L’Educazione degli Adulti designa l’insieme dei processi di apprendimento, formali, informali e non formali, grazie ai quali gli individui, considerati come adulti dalle società alle quali appartengono, sviluppano le loro attitudini, arricchiscono le loro conoscenze e migliorano le loro qualificazioni tecniche o professionali o le riorientano in funzione dei loro propri bisogni e di quelli della società.
Ogni esperienza, durante o dopo la quale il soggetto avverte di aver appreso nuove conoscenze, nuove modalità cognitive e/o di comportamento, provoca necessariamente un duplice cambiamento: di tipo sociale, in quanto il soggetto modifica il proprio ruolo all’interno della società in cui è incluso; di tipo materiale, in quanto i cambiamenti di tipo conoscitivo e metodologico lo mettono nella condizione di dominare eventi nuovi. Facilitare tale cambiamento significa, pertanto, mettere l’adulto nella condizione di poter esplicitare il bisogno adattivo o trasformativo avvertito; provocare, attraverso la progettazione di un percorso formativo, un cambiamento (sociale e/o materiale) di risposta possibile; rendere l’adulto consapevole dell’avvenuto cambiamento.
L’offerta educativa rivolta alla popolazione adulta si presenta sotto una poliedricità di forme di cui diviene possibile individuare alcuni caratteri distintivi. Essa verte su una tripartizione che, tenendo in considerazione tanto le tipologie dei bisogni formativi espressi (la domanda) quanto le risposte da parte di agenzie formative pubbliche e/o private, suddivide le attività formative in: formali, non formali, informali. Le attività formali includono tutte quelle azioni finalizzate al conseguimento di un titolo di studio nei canali di istruzione del sistema formativo. Tra esse rientrano, pertanto, sia attività a carattere compensativo verso coloro che non hanno fruito della formazione di base iniziale (alfabetizzazione primaria, licenza media, diploma), sia i corsi di studio finalizzati all’acquisizione di un titolo spendibile nel mondo del lavoro (corsi di specializzazione e/o riqualificazione). Poiché le agenzie formative per eccellenza sono, in questo caso, i governi e le comunità locali, vi è un forte grado di istituzionalizzazione dei percorsi. Per attività non formali s’intendono tutte quelle attività che, pur non rilasciando un titolo di studio, sono finalizzate ad estendere le conoscenze in un particolare ambito del sapere o del lavoro, rispondendo così a specifiche esigenze formative (corsi di lingue, di informatica, professionali ecc.). Presentano spesso i caratteri di sistematicità e continuità, in quanto si sviluppano in genere in tempi brevi ma replicati. Il grado di istituzionalizzazione è minore e i soggetti promotori sono spesso agenzie formative private (di privato sociale, aziendali ecc.). Le attività informali, infine, includono tutte quelle attività che, pur implicando un cambiamento, non sono intenzionalmente finalizzate al conseguimento di obiettivi formativi specifici (dalla creazione artistica alla cura psicofisica ecc.), pertanto non rientrano nelle categorie suddette. Queste presentano una grande varietà in termini di agenzie di promozione, soggetti fruitori, durata e contenuti.
Le attività di educazione degli adulti vanno distinte
- in attività a carattere compensativo che si rivolgono ad adulti “svantaggiati”. Si sono sviluppate soprattutto ad opera di istituzioni formative sostenute dai movimenti sindacali e politici operai fin dai primi del Novecento e sono rivolte ad adulti che non hanno fruito di un percorso formativo di base o sono carenti di risorse culturali e materiali sufficienti ad affrontare la complessità della vita produttiva, relazionale e sociale.
- in attività di formazione aziendale rivolte ai lavoratori e/o ai nuovi assunti e si sono sviluppate a partire dagli anni settanta in risposta ad una rapida obsolescenza del know how fino ad allora considerato sufficiente per affrontare il mondo del lavoro.
- in attività di formazione continua, finalizzate all’avanzamento e all’aggiornamento della forza lavoro.
La realtà italiana oggi in materia di Educazione agli adulti si concretizza con la riforma dei Centri Territoriali Permanenti (CTP) che prevede un’autonomia dei nuovi Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) articolati in reti territoriali. Ricordiamo che nel 2012 le “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” hanno normato e regolamentato il diritto all’apprendimento permanente con la L. 92/2012. Il passaggio importante è che l’apprendimento permanente non è più quindi un servizio alla persona, ma un diritto. Inoltre il Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti OCSE PIAAC del 2014 evidenzia il drammatico deficit di competenze generali e specifiche. Dal combinato di queste due considerazione discende che bisogna intervenire con urgenza e finalizzare interventi formativi tesi ad aprire le porte delle Istituzioni Scolastiche di pomeriggio. Non un “ripetita” di attività curriculari ma strategie innovative, buone pratiche, che abbiano la duplice finalità di invogliare la partecipazione attraverso percorsi coinvolgenti, divertenti, dove l’apprendimento sia facilitato da attività ricreative, dove la matematica non sia solo un susseguirsi noioso di numeri, simboli e formule, ma i simboli, le formule ed i numeri siano il mezzo per risolvere problemi logici ed arrivare ad una possibile soluzione attraverso il ragionamento; dove la lingua sia appresa attraverso la recitazione; dove la scrittura sia principalmente creativa; dove vengono valorizzate le inclinazioni personali attraverso la realizzazioni di mostre fotografiche, pittoriche, manifestazioni musicali e canore. E dove la matematica e la geometria possano essere acquisite applicate al gioco della dama, degli scacchi e delle carte.
In questo modo si potrebbero superare anche criticità quali la diffusa debolezza nell’istruzione e nelle competenze di base che i sistemi di offerta rigidi favoriscono non tenendo conto la complessità sociale, culturale e professionale della domanda. Altra criticità è l’assenza quasi totale di comunicazioni e scambi di buone pratiche fra operatori ed esperti del sistema scuola, del sistema universitario, della formazione professionale e continua e dell’associazionismo culturale. La mancanza di scambi comunicativi crea dei “comparti stagno” che limitano la circuitazione delle esperienze e non favoriscono l’applicazione di “buone pratiche” educative.
La Regione Campania ha investito 25 milioni di euro in 454 scuole della Campania per l’a.s. 2016/17 nel progetto “Scuola Viva”.
I numeri della condivisione e della partecipazione sono stati eloquenti: oltre 400 mila gli studenti coinvolti nei circa 3 mila moduli didattico-formativi, composti da 115 mila ore di lezioni straordinarie per circa 37 mila aperture settimanali rivolte alla platea scolastica e al territorio che hanno coinvolto 3 mila associazioni, strutture formative, professionisti, esperti ed enti preposti.
Con il progetto “Scuola Viva” le Istituzioni scolastiche che hanno aderito hanno aperto le porte anche di pomeriggio per tante attività da aggiungere alle normali attività curriculare con uno scopo importante: conquistare la fiducia dei giovani del territorio invogliandoli a scegliere la scuola come luogo privilegiato di aggregazione, in alternativa al bar, al circolo, alla strada.
E' stato un progetto importante per combattere il disagio e la dispersione scolastica. Tema centrale e denominatore comune degli interventi è stata la multiculturalità, l’interazione generazionale genitori/figli e l’acquisizione di competenze spendibili nel Mondo del lavoro attraverso percorsi pratici e ricreativi.
prof. Costantino D’Angelo
Ambasciatore EPALE - Campania