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Minori Stranieri Non Accompagnati in tempo di Covid

La realtà dei minori stranieri non accompagnati (msna) è tutt’oggi dimenticata, in questo lungo periodo di pandemia. I media ne parlano sporadicamente solo se avviene qualche sbarco importante oppure riprendendo le dichiarazioni recenti di Papa Francesco sulla sorte dei minori attanagliati dal freddo e dall’ostinata burocrazia che li costringe a rimanere a Lipa in Bosnia.

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Daniela Ermini

Articolo di Lucia De Marchi

La realtà dei minori stranieri non accompagnati (msna) è tutt’oggi dimenticata, in questo lungo periodo di pandemia. I media ne parlano sporadicamente solo se avviene qualche sbarco importante oppure riprendendo le dichiarazioni recenti di Papa Francesco sulla sorte dei minori attanagliati dal freddo e dall’ostinata burocrazia che li costringe a rimanere a Lipa in Bosnia.

La realtà dei mnsa è da sempre una realtà vulnerabile nonostante la Legge Zampa del 2017, in cui sono stati ribaditi i diritti del fanciullo di cui godono anche questi minori e ha delineato il sistema di accoglienza e d’integrazione, istituendo anche la figura del tutore volontario. La maggior parte di questi ragazzi, maschi e prossimi alla maggior età, compie questi viaggi migratori per poter venire a lavorare nella ricca Europa. Essendo però dei minori quando vengono segnalati e intercettati sul territorio nazionale, devono essere inseriti in strutture per la loro tutela, in base alle normative vigenti.

Negli ultimi anni il numero dei minori presenti nelle strutture è variato in base alle condizioni politiche, economiche e sociali nei vari paesi di provenienza, oltre ai vari provvedimenti normativi e accordi internazionali che sono stati siglati dall’Europa con determinati paesi. Nel 2016, anno precedente gli accordi Italia-Libia, erano arrivati complessivamente sul territorio italiano 25.846 msna. Nel 2017, anno in cui sono stati siglati gli accordi Italia-Libia e successivamente nel biennio 2018-2019, in cui sono entrati in vigore i Decreti Sicurezza, gli sbarchi e le presenze nelle comunità di accoglienza sono drasticamente diminuiti, abbandonando ad un destino incerto migliaia di minori al di là delle sponde del Mediterraneo o lungo altre rotte migratorie.

Nell’anno appena concluso, nonostante il Covid, c’è stata una ripresa degli sbarchi e un conseguente aumento delle presenze in comunità, considerando oltretutto che i Decreti Sicurezza sono stati sostituiti dal Decreto Lamorgese, in cui viene sancita una protezione speciale che riformula in una nuova veste l’abrogata protezione umanitaria, ma in senso più restrittivo. Il 2020 è stato un anno molto difficile e complesso da gestire per le varie realtà italiane che sono state intervistate per la stesura de “I dimenticati”. Difficoltà dovute al cambiamento di routine: i ragazzi hanno dovuto interrompere la frequenza scolastica o i loro tirocini. È stata attivata con non poche difficoltà la DAD (didattica a distanza) con gl’insegnanti dei CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti). Le scuole di cui nessuno parla e che accolgono invece i ragazzi più problematici perché o hanno abbandonato la scuola o come nel caso dei msna devono apprendere una nuova lingua e conseguire la licenza media in poco tempo.

Nelle comunità gli educatori hanno dovuto spiegare che cos’è il Covid e una pandemia, oltre a fornire le indicazioni igienico-sanitarie da rispettare. Inoltre, in questo periodo gli operatori hanno affiancato i minori nello svolgimento delle loro attività scolastiche a distanza, cercando di inventare a volte soluzioni ad hoc recuperando fortuitamente dei pc o ricevendoli in dotazione dalle scuole.
Un appesantimento del carico di lavoro che ha inciso anche sullo stato psico-fisico degli operatori e non solo dei ragazzi che non potevano più uscire, neanche per le loro attività di tirocinio, aumentando in loro l’inquietudine per il futuro. 

Non è stato semplice per i ragazzi adattarsi a queste nuove modalità didattiche, ma un po’ alla volta con il supporto dei loro insegnanti dei CPIA e anche dei tutori volontari, sono riusciti a seguire e a svolgere le varie attività, utilizzando una pluralità di strumenti digitali e di piattaforme web. La questione più spinosa è stata e rimane quella burocratica. Molti di questi ragazzi frequentavano corsi di formazione regionale, svolgendo degli stage, che durante il lockdown sono stati sospesi.
Nel frattempo questi ragazzi sono diventati maggiorenni e di conseguenza è terminato il periodo di permanenza in comunità. Molte delle realtà si sono attivate per richiedere un prolungamento assistito e comunque il Ministero dell’Interno ha concesso una proroga di qualche mese per la conversione dei permessi dalla minor età alla maggior età per motivi di studio o lavoro.

Sicuramente è un futuro incerto quello che si prospetta a questi minori. Un futuro che li accomuna ai loro coetanei qualsiasi sia la loro cittadinanza. Per questo è importante continuare a parlare di queste realtà presenti nei nostri territori: per non dimenticare nessuno di questi ragazzi e cercare invece assieme di creare percorsi educativi, formativi e d’integrazione sociale che consentono loro di non venire inghiottiti nell’anonimato, diventando degli emarginati sociali facili prede degli
sfruttatori e della criminalità organizzata. 

Lucia De Marchi
 


Dimenticati
Lucia De Marchi, studiosa ed esperta di minori abbandonati e in stato di affido, è autrice del volume "A piccoli passi. Minori non accompagnati e cittadinanza attiva", Infinito Ed. 2017 

Il 22 febbraio alle 18.00 sarà ospite del secondo incontro Un libro con Epale durante il quale presenterà il suo contributo Minori stranieri non accompagnati, una sfida per il nostro sistema di accoglienza e integrazione, pubblicato all'interno del volume I dimenticati. Sarà presente anche Valentina Verze, collaboratrice vicaria del Cpia2 di Firenze e Ambasciatrice Epale.

Segui la diretta facebook sulla pagina di Epale Italia

 

 

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